Traffico di stupefacenti, estorsioni e armi: i dettagli dell’operazione “Fire”, 30 indagati

Alle prime luci dell’alba, tra Mesagne, Brindisi, Ostuni e San Pietro Vernotico i carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni (BR), coadiuvati nella fase esecutiva da personale dello Squadrone eliportato carabinieri “Puglia”, dal 6° Nucleo elicotteri dei carabinieri di Bari e dal Nucleo cinofili, hanno dato esecuzione un’ordinanza applicativa di misure coercitive personali, emessa  dal G.I.P. del Tribunale di Lecce nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce nei confronti di 30 indagati. L’operazione è stata intitolata “Fire”.

In particolare, il giudice per le indagini preliminari di Lecce, ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque persone e gli arresti domiciliari nei confronti di sei persone.

Le misure cautelari sono state notificate nei confronti degli indagati di cui sotto, i quali si devono ritenere presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento fino ad un definitivo accertamento della colpevolezza con sentenza irrevocabile:

1.      B. L. o.c.c. in carcere;

2.      C. L., o.c.c. in carcere;

3.      C. M., o.c.c. in carcere;

4.      S. M., o.c.c. in carcere;

5.      Z. G., o.c.c. in carcere

6.      C. L., o.c.c. agli arresti domiciliari;

7.      C. L., o.c.c. agli arresti domiciliari;

8.      D. D. L., o.c.c. agli arresti domiciliari;

9.      F. F., o.c.c. agli arresti domiciliari;

10.  S. V., o.c.c. agli arresti domiciliari;

11.  T. S. ,o.c.c. agli arresti domiciliari;

All’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali, coordinata dal Comando Compagnia di San Vito dei Normanni, hanno partecipato 70 militari.

I reati contestati sono l’art. 74 commi nr. 1, 2 3 e 4 del D.P.R. 309/90 “associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti pluri – aggravata”, art. 73 commi 1 e 4 del D.P.R. 309/90 “spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti”, artt. 2 e 7 L. 895/67 “detenzione illegale di armi” e artt. 81/2° c.p. e 75 comma 2 D. Lvo 159/2011 “violazione degli obblighi inerenti la Sorveglianza Speciale di P.S.”, art. 378 c.p. capo 25 “favoreggiamento personale”.

Nel dettaglio, l’attività d’indagine è stata condotta dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di San Vito dei Normanni e trae origine dall’attentato incendiario compiuto nei confronti di un maresciallo dei Carabinieri, all’epoca in servizio presso la Stazione carabinieri di Latiano, al quale nella notte del 16 agosto 2019 fu incendiata l’auto di proprietà, parcheggiata nei pressi della propria abitazione. Gli accertamenti compiuti nell’immediatezza consentirono di risalire ai responsabili dell’atto intimidatorio, al mandante dell’azione delittuosa, nonché al movente. È infatti emerso che il gesto aveva tratto origine quale ritorsione nei confronti del maresciallo per aver sanzionato, per violazioni del codice della strada, noto pregiudicato mesagnese contiguo ad ambienti mafiosi.

Le indagini, avviate nel mese di agosto 2019 e protrattesi fino ad aprile 2020, condotte con l’ausilio di intercettazioni audio-video e pedinamenti, oltre a consentire di identificare gli autori del grave atto intimidatorio, hanno fatto ipotizzare l’esistenza nel territorio di Mesagne di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti in cui sarebbe risultato inserito anche uno dei soggetti ritenuti responsabili dell’attentato al maresciallo dei carabinieri.

Le investigazioni, coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Lecce e sviluppate in piena sinergia con la D.C.S.A. (Direzione centrale per i Servizi antidroga del Ministero dell’Interno), hanno permesso di ipotizzare lo stretto legame tra l’organizzazione criminale investigata e alcuni esponenti della “Sacra Corona Unita”, confermando l’operatività e la permanenza sul territorio della provincia di Brindisi di strutture criminali finalizzate al narcotraffico, nonché come questo fenomeno delittuoso costituisca ancora una importante fonte di guadagno per la criminalità organizzata.

L’organizzazione di stampo mafioso “Sacra Corona Unita” che nasce sul territorio mesagnese, ha sempre fatto del traffico di droga uno dei capisaldi delle proprie attività illecite che l’ha finalizzato, oltre che al rapido arricchimento, anche al controllo del territorio.

In tale contiguità con le famiglie storiche legate alla S.C.U. mesagnese è stato individuato il sodalizio capeggiato da C. R., pregiudicato, fratello del boss della S.C.U. deceduto in un agguato di mafia C. E. e cognato di L. F., personaggio di spicco della criminalità organizzata mesagnese. Figurano tra i sodali individuati C.L., figlio del boss E. e Z. G., affiliato alla S.C.U. di Mesagne e condannato per 416 bis c.p., braccio destro di C. R.

L’organizzazione in questione si ritiene essere stata in stretto contatto con il noto boss mesagnese D. G., capo storico e socio fondatore della Sacra Corona Unita, resosi responsabile delle violazioni degli obblighi della sorveglianza speciale cui era sottoposto. È stata ipotizzata la frequentazione da parte del D. di una delle basi operative della consorteria, localizzata in un circolo ricreativo di Mesagne, che, a seguito delle numerose perquisizioni, arresti e sequestri di stupefacente, è stato poi chiuso dal sodalizio poiché ritenuto non più sicuro per effettuare riunioni.

I risultati investigativi, riscontrati da 7 arresti in flagranza di reato e da sequestri di sostanze stupefacenti, per un traffico accertato di circa 50 kg tra marijuana, hashish e cocaina, riassunti nell’informativa dei carabinieri e riportati nella richiesta di misura presentata dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno raccolto elementi indiziari nei confronti di 30 soggetti che, a vario titolo, sono risultati coinvolti nelle attività di spaccio di sostanze stupefacenti nel comune di Mesagne, 11 dei quali indagati per la presunta appartenenza ad un’associazione per delinquere armata, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti come marijuana e hashish.

Dalla ricostruzione investigativa effettuata dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile, si evincerebbe come il sodalizio abbia gestito, attraverso i propri pusher, lo spaccio di hashish e marijuana sul territorio mesagnese, approvvigionando anche alcune piazze di spaccio ricadenti nei comuni limitrofi di Brindisi e San Pietro Vernotico. Rifornimento che ha riguardato anche alcune piazze di spaccio individuate in Veneto ed in particolare nella provincia di Verona, luogo dove uno degli indagati, originario di Mesagne ed identificato in L. A. B., avrebbe fatto trasportare ingenti quantitativi di marijuana.

La progressione investigativa ha consentito altresì di ipotizzare la struttura criminale come organizzata con una precisa divisione gerarchica dei ruoli e dotata di basi operative e centri per lo stoccaggio e l’occultamento degli stupefacenti.

C. R. è accusato di essere il promotore e organizzatore del sodalizio occupandosi dell’approvvigionamento dello stupefacente, della direzione e del coordinamento di tutte le attività dell’associazione.

Z. G. è accusato di essere il luogotenente di C. R., con il compito di procacciare lo stupefacente, in particolare hashish, per l’associazione e affiancando il promotore nelle attività di gestione e di coordinamento dei sodali.

Sono stati individuati poi giovani accusati di essere pusher inseriti nell’associazione e dediti allo spaccio al dettaglio nelle piazze mesagnesi.

Dalle indagini emerge che, per le attività di narcotraffico, l’associazione sarebbe dotata di due basi operative, individuate presso alcune attività ricreative e commerciali del territorio mesagnese, tra cui un noto bar già oggetto di agguati negli anni che hanno caratterizzato l’ascesa della Sacra Corona Unita a Mesagne. Presso tali strutture veniva posta in essere l’attività di spaccio al dettaglio del narcotico, erano impartite le direttive del capo-promotore, pianificate e concluse ingenti cessioni di narcotico, in gergo definite “passaggi di mano”.

L’associazione sarebbe provvista, inoltre, di più centri per lo stoccaggio e l’occultamento dello stupefacente, affidate a soggetti incensurati o ormai da anni lontani da vicende giudiziarie, tra cui un insospettabile professionista mesagnese, al fine di ridurre al minimo il rischio di eventuali perquisizioni e conseguenti sequestri da parte delle forze di polizia.

La consorteria, infine, è accusata di aver avuto la disponibilità di più armi da fuoco tra cui due pistole ed un fucile a pompa, occultati e prontamente disponibili, nonché di armi da sparo nella disponibilità dei sodali.

Le indagini avrebbero disvelato l’allarmante capacità del sodalizio di cooptare soggetti insospettabili ed incensurati del tessuto sociale mesagnese apparentemente estraneo alla criminalità tra cui commercianti, camionisti e professionisti in contatto con la pubblica amministrazione.

Altro dato di rilievo è la capacità del sodalizio di allargare i propri interessi fuori dal territorio mesagnese, monopolizzando la fornitura di alcune piazze di spaccio dei Comuni di San Pietro Vernotico, Brindisi, appunto, del Veneto.

Nel corso delle indagini sarebbero stati riscontrati episodi di violazione della normativa antimafia, ex art. 75 comma 2 del D. Lgs 159/2011, commessi dal Sorvegliato Speciale di Pubblica Sicurezza D. G., capo di una frangia del sodalizio di stampo mafioso “Sacra Corona Unita” operante sul territorio della provincia di Brindisi, attualmente detenuto. D. G. avrebbe in più occasioni disatteso l’obbligo di associarsi a pregiudicati e di frequentare abitualmente circoli, recandosi in più occasioni presso una delle basi operative della consorteria e dimostrando, pertanto, una rinnovata e rinforzata attualità criminale che non ha subito alcuna flessione a seguito dalla lunga permanenza in carcere e dalla limitazione della libertà personale imposta con la misura di prevenzione a suo carico. 

D., impiegato presso una carrozzeria di Mesagne (BR), avrebbe utilizzato il luogo di lavoro come base operativa per mantenere contatti con più pregiudicati del territorio condannati per gravi reati quali associazione per delinquere di stampo mafioso, stupefacenti ed altro.

RISULTATI CONSEGUITI NELL’AMBITO DELLA PROSPETTAZIONE ACCUSATORIA

•     Indagate 30 persone di cui 11 costituenti l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico;

•     Identificati gli autori dell’attentato incendiario compiuto il 16.08.2019 a Mesagne nei confronti dell’autovettura di un Maresciallo dei Carabinieri all’epoca in servizio presso la Stazione Carabinieri di Latiano;

•     Nel corso delle indagini sono state inoltre tratte in arresto in flagranza di reato nr. 7 persone per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti;

•     È stato accertato il traffico di hashish, marijuana e cocaina, riscontrato da sequestri, per un totale di 50 kg di sostanze stupefacenti;

•     Documentata l’esistenza di più piazze di spaccio rifornite dal sodalizio.

Considerata la pericolosità del sodalizio per l’ordine pubblico potendo avere lo stesso la disponibilità di più armi da sparo, la Direzione distrettuale antimafia di Lecce ha lavorato intensamente per chiudere il cerchio intorno ai soggetti.

Il G.I.P.  ha condiviso pienamente la ricostruzione investigativa e l’impianto accusatorio emettendo, per i reati contestati, le misure cautelari contenitive necessarie per interrompere le condotte ritenute reato.

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