Traffico internazionale di droga dall’Est Europa ad Abruzzo e Puglia: ecco come funzionava il “giro”


Da almeno il settembre 2016 al gennaio 2019, fiumi di droga dal Montenegro all’Italia e anche qualche arma per proteggere i traffici. Con pure la copertura e l’appoggio organizzativo-logistico della Scu pugliese. I carabinieri del Comando provinciale di Genova, supportati dai colleghi diramati nei territori interessati dalle indagini, hanno stamane eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 29 persone (15 italiani, 14 albanesi) accusate, a vario titolo, di traffico internazionale di stupefacenti e armi, oltre che di estorsione. La sostanza, stando alle ricostruzioni investigative, viaggiava a bordo di potenti gommoni oceanici da 500 cavalli, appositamente modificati sia per essere più prestanti, sia per accogliere maggiori quantitativi di prodotto.

E, infatti, nel corso dell’inchiesta – coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo ligure e seguita direttamente dai militari della Direzione centrale servizi antidroga dei carabinieri, con la collaborazione in mare della guardia di finanza – sono state sequestrate oltre sette tonnellate tra marijuana, hashish e cocaina.

Sequestrati, inoltre, anche 8.850 euro, tre grossi natanti potenziati, 9 veicoli intestati a prestanome e una pistola semiautomatica “Imi Jericho” calibro 9×19 completa di caricatore e 15 cartucce. Sempre basandosi sulle indagini, pare che un punto privilegiato di smistamento si trovasse a Rapallo (Genova) e che lì, come a Roma, la droga giungesse dal Montenegro via Puglia e Abruzzo, dove la Sacra corona unita avrebbe offerto ai cittadini albanesi dei depositi temporanei. L’hub centrale di smistamento, però, sarebbe stato quello di Roma, al quale i presunti sodali dell’associazione per delinquere sarebbero stati molto legati, tanto da averlo protetto in modo tale che non fosse scoperto e persino organizzato dei sorta di cash & carry itineranti della sostanza a bordo di veicoli intestati, appunto, a teste di legno, nient’altro che semplici prestanome.

Una volta nella capitale, infatti, la “roba” sarebbe stata consegnata a pusher nordafricani, ultimo anello della presunta catena e incaricati della vendita al dettaglio. Prima di questo passaggio, la vendita al minuto lungo il tragitto e lo spostamento verso i centri di smistamento (Roma e Rapallo) a bordo di bus e camion come quelli per il trasporto di ortaggi.

Tra le persone sottoposte a indagini anche brindisini, considerati in qualche modo allacciati con la criminalità organizzata locale: un francavillese, un fasanese e un cistranese.

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