
Un paese senza i cosiddetti dehors, ossia senza spazi all’aperto per gli esercizi pubblici. Così, tra mille polemiche, sta diventando Erchie, dove l’Amministrazione guidata dal neo sindaco Pasquale Nicolì sembra aver dichiarato guerra a bar, pub e ristoranti. Da una parte il rigore dell’Amministrazione, col supporto degli uffici comunali; dall’altra titolari e gestori che non ci stanno a rinunciare ad aspettative sin qui legittime in forza di autorizzazioni ottenute in precedenza. In principio fu il Sirius Black, poi Carfran, Mimì, Blues, Flatus Vitae, ecc.
La polemica impazza, tra ordinanze di abbattimento delle strutture esterne, sanzioni anche piuttosto salate e chiusure temporanee (dal 4 all’8 gennaio) che un po’ sembrano stridere in periodo già duro di limitazioni lavorative e di conseguenti ristrettezze economiche. Problemi che in parte la qualificazione della Puglia quale zona gialla avrebbe potuto attutire. Qui, però, funziona diversamente.

Gli esercenti interessati, sia prima che dopo il Consiglio dello scorso 14 dicembre, hanno chiesto udienza al primo cittadino, col quale sarebbe invece nata una discussione dopo l’approvazione di un nuovo e più stringente regolamento sull’occupazione del suolo pubblico approvato – a maggioranza, col dissenso delle opposizioni – proprio nell’ultima seduta delle assise civiche e senza passaggi in Commissione. Al termine dei lavori consiliari, anche un confronto aspro tra gli stessi esercenti e Nicolì, che avrebbe confermato la sua posizione intransigente e ribadito il richiamo al rispetto degli orientamenti intrapresi da questo nuovo corso.
Il proprietario di un noto bar, intanto, durante le operazioni di smantellamento della propaggine esterna del suo locale, ha accusato un malore ed è stato portato via in ambulanza per accertamenti: fortunatamente, per lui nulla di grave ma di sicuro palpitazioni e forte stress.

Sta di fatto che nei prossimi giorni sono previste forme anche appariscenti di protesta per i “lutti” che, sommati a quelli da Covid, stanno colpendo questo genere di attività economiche nel piccolo comune ercolano, che a settembre ha deciso di optare per una svolta dopo il “regno”, ultradecennale e sostanzialmente indisturbato, di Giuseppe Margheriti, per il momento ritiratosi dalla scena politica e tornato a occuparsi delle sue campagne.
Sia i consiglieri di minoranza che baristi e ristoratori colpiti dalle nuove regole ferree invocano di essere ascoltati da Nicolì e dalla sua maggioranza, ma puntualmente – riferiscono – si troverebbero a impattare contro una sorta di muro di gomma. Causa anche il particolarissimo periodo storico, dannoso per quasi tutte le categorie produttive, infatti, diversi tra gli esercizi in questione potrebbero chiudere baracca e burattini ancor prima che l’emergenza sanitaria sia cessata.

Sopravvivere in un paese di neppure 9mila anime e senza particolari attrazioni turistiche era già difficile prima, figurarsi ora tra norme anti-contagio e diktat amministrativi di fatto in contrasto coi precedenti che – a torto o ragione – avevano consentito a quelle realtà e a quelle persone di aprire e, per quanto possibile, di sviluppare il proprio giro d’affari.
Qualcosa che, al di là di torti e ragioni, sta facendo molto discutere la comunità radicata nel culto delle sante Irene e Lucia e che potrebbe trasformarsi nel primo comune al mondo dehors free o bar free, libero da tavolini all’aperto e bar, prim’ancora che Covid free, libero dal Coronavirus. E dopo sorrisi e sollievi del post campagna elettorale, oggi una parte di Erchie piange. Di rabbia e impoverimento. In attesa di quella svolta, che s’immaginava in positivo, promessa prima delle consultazioni.
Eliseo Zanzarelli
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