
Circolo Piaroa Legambiente – Oria
Osservazioni sulla possibile riapertura al pubblico del Castello di Oria
Secondo quanto riportato all’inizio di agosto da LostrilloneNews, la sindaca di Oria Maria Lucia Carone, ai microfoni di Canale 85, ha dichiarato che quella in corso potrebbe essere l’ultima estate senza la possibilità di fruire del castello, chiuso ormai da tempo. Già da ben prima del lockdown, infatti, sarebbero in corso trattative tra proprietà del castello (Borgo Ducale Srl della famiglia Romanin-Caliandro) e Amministrazione comunale per definire le possibilità e le modalità di aperture al pubblico del monumento.
Viene attribuita alla sindaca la seguente dichiarazione: «Ci sono state delle intese con i proprietari e adesso abbiamo coinvolto anche la minoranza perché è giusto che il problema venga risolto anche di comune intesa, quindi si procede regolarmente. Io mi auguro che la prossima estate, anche prima, molto prima, di avere il castello aperto con eventi anche importanti, anche perché la famiglia è orientata in questo senso. L’Amministrazione ci sta mettendo tutto l’impegno e da parte nostra c’è davvero la buona volontà perché si addivenga a una soluzione d’intesa con la proprietà, che sia la migliore e la più legittima, perché vogliamo anche lavorare nella legalità»
Il 19 agosto, in un articolo senza firma apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno intitolato “Castello Svevo verso la riapertura. Una convenzione permetterà le visite, ma anche la ristorazione e i congressi”, si afferma che proprietari e amministrazione comunale avrebbero raggiunto un accordo che prevederebbe l’apertura al pubblico per 30 anni a fronte del cambio perpetuo della destinazione d’uso a fini commerciali del castello. Lo rivelerebbe Filippo Maria Pontani, filologo classico presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. In realtà l’articolo della Gazzetta riprende fedelmente quanto scritto da Pontani sul suo blog il 17 agosto, in un post intitolato “La storia del castello di Oria”. Secondo Pontani, la soluzione prospettata potrebbe rappresentare un compromesso nella misura in cui nella convenzione venisse garantita la piena e costante visitabilità del Castello (dunque non solo le torri, ma tutto il complesso, e non solo per un paio di giorni a settimana come già previsto da una precedente ipotesi di accordo ormai saltata), e nella misura in cui le attività commerciali ricettive e ristorative rimanessero secondarie rispetto a una “valorizzazione” virtuosa del bene volta a “preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”. Lo stesso Pontani aggiunge infine: “come non pensare poi che, nella prospettiva di un vero recupero alla collettività e alla coscienza pubblica, il Castello rappresenterebbe il luogo ideale di un Museo della Messapia che riprenda e integri – magari proprio con i 793 reperti della collezione Martini Carissimo, la cui sorte è ad oggi poco chiara – quanto attualmente esposto in un nobile ma angusto palazzo del centro di Oria?”.
Queste notizie si prestano a diverse considerazioni e osservazioni critiche.
1) Su un tema di così evidente rilievo per la città, sarebbe stato e sarebbe opportuno un maggiore coinvolgimento della cittadinanza, attraverso un’opera di informazione diretta e chiara e attraverso percorsi di partecipazione che possano coinvolgere la società civile e le sue espressioni. A questo proposito si potrebbe pensare all’indizione di una specifica Conferenza di servizi come strumento di coordinamento dei molteplici interessi coinvolti nella tutela di un bene di sicuro valore archeologico, paesaggistico e ambientale, al fine di soppesarli ed aggregarli secondo un principio di ampio e corretto confronto democratico.
2) Se i termini dell’accordo fossero quelli riportati nell’articolo della Gazzetta, l’evidente asimmetria tra la concessione perpetua della destinazione d’uso a fini commerciali del castello e la scadenza temporale dell’obbligo di aprirlo al pubblico (30 anni) sarebbe fortemente penalizzante per la parte pubblica (sia perché verrebbe assunto un impegno che andrebbe a limitare l’autonomia d’azione delle future amministrazioni, e sia anche in termini di dignità istituzionale della parte presente) oltre che per i diritti dei cittadini, oritani e non. A questo proposito è bene ricordare che già l’atto di permuta datato 04/12/1933, all’epoca sottoscritto dal Podestà dell’Ente e dal Conte Martini Carissimo, con il quale quest’ultimo, nell’acquistare la proprietà del Castello Svevo a seguito della permuta di Palazzo Martini, si impegnava a testualmente “[…] far visitare le torri nei giorni e nelle ore che egli stesso vorrà designare a quei cittadini e forestieri che vi si recheranno a scopo culturale e storico ” non comprendeva limiti temporali rispetto a tale obbligo. E che la Giunta Comunale, con delibera n.17 del 1/2/2013, ha ritenuto che tale obbligo continui a gravare, per effetto dell’acquisto del bene, anche sulla nuova proprietà. L’eventuale nuovo accordo dovrebbe quantomeno ricalcare, circa ai limiti temporali degli obblighi della proprietà, l’accordo del 1933.
3) Non si capisce quale sia il senso della considerazione riportata dal Pontani sul suo post e ripresa dall’articolo della Gazzetta del Mezzogiorno, circa il fatto che Castello “rappresenterebbe il luogo ideale di un Museo della Messapia che riprenda e integri – magari proprio con i 793 reperti della collezione Martini Carissimo, la cui sorte è ad oggi poco chiara – quanto attualmente esposto in un nobile ma angusto palazzo del centro di Oria”, e in particolare se possa esserci un nesso tra l’accordo tra amministrazione comunale e proprietà circa l’apertura del castello stesso ed il suo cambio di destinazione d’uso e tale ipotesi di spostamento dell’attuale sede museale. A questo proposito, a parte il fatto che il Palazzo Martini Carissimo, attuale sede del museo, non è affatto angusto e dispone di una collezione ben organizzata e facilmente fruibile (mentre la parte del castello eventualmente adibibile a museo rischierebbe forse di essere meno ampia), non si comprende su quali basi si dovrebbe spostare una pregevole raccolta di beni museali da un luogo pubblico ad uno privato. Al massimo dovrebbe avvenire il contrario, e cioè che proprio i 793 reperti della collezione Martini Carissimo venissero acquisiti, gratuitamente e come parte dell’accordo, dal museo di Oria.
Il Circolo “Piaroa” Legambiente di Oria, nel ribadire la propria posizione favorevole all’apertura al pubblico del Castello, in quanto bene di interesse collettivo e patrimonio della comunità – non soltanto oritana – sulla base di quanto esposto in precedenza sottolinea come tale apertura non possa essere determinata alle condizioni che, a quanto è dato sapere allo stato dei fatti, sarebbero alla base dell’accordo tra Amministrazione e proprietà (cfr. sopra, punto2).
Chiede inoltre il pieno coinvolgimento della cittadinanza e della società civile nel processo di definizione dell’accordo stesso, adottando gli opportuni strumenti di partecipazione, come indicato sopra al punto 1.
Chiede infine che l’Amministrazione voglia opportunamente chiarire la propria posizione in relazione alla proposta riportata dalla stampa circa il Museo di Oria (cfr. sopra, punto 3).
Per il Circolo Piaroa Legambiente
Antonella Palazzo
Giuseppe Ponzini
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