Di cinque condanne e due assoluzioni l’esito del primo grado di un processo per diffamazione nei riguardi del sindaco di San Pietro Vernotico Pasquale Rizzo e dell’avvocato del Comune Guido Massari.Condanna a 750 euro di multa (e al risarcimento danni a Massari, costituitosi parte civile) per Giuseppe Monteduro, 38 anni, Marco Caretto, Andrea Gargaro, 48 anni, Matteo Missere, 32 anni, e Francesco Ragusa, 44 anni.
Assoluzione piena “per non aver commesso il fatto” invece per Daniele Guglielmo, difeso dagli avvocati Domenico Attanasi e Mauro Calisi, e “perché il fatto non costituisce” reato per Daniele Ancora (a suo tempo, consigliere comunale), difeso dall’avvocato Orazio Vesco.
I fatti all’origine della querela, poi del procedimento e quindi del processo risalgono al 2 e 14 ottobre 2014, quando gli imputati si resero autori di commenti su facebook riguardo la gestione della struttura amministrativa del Comune di San Pietro Vernotico, di cui Rizzo era primo cittadino e Massari responsabile dell’Ufficio contenzioso. Scritti diffamatori, in quanto lesivi dell’onore, del decoro e della reputazione secondo i destinatari degli stessi.
In particolare, gli imputati definivano Massari un assenteista e ipotizzavano un suo conflitto d’interessi in merito alle cause per il risarcimento danni nei confronti del Comune. Sul social network, in sostanza, ci si riferiva a presunti “autoliquidazione dei compensi sulle cause non vinte” e al percepimento da parte di Massari di “indennità discutibili”.
Si adombrava, inoltre, una contrarietà di Massari alle transazioni coi privati perché altrimenti avrebbe guadagnato meno.
E, come se non bastasse, al legale si addebitavano anche negligenza e ignoranza in materia. Rizzo, invece, veniva accusato di non saper organizzare la struttura dell’ente e di “porre freno all’aumento di spese ingiustificate” (come, a dire dei commentatori, quelle destinate al legale comunale). Tra le altre cose, definita l’Amministrazione Rizzo fallimentare, qualcuno auspicava quindi lo scoppio di una bomba o l’azione suicida di un kamikaze…
Cinque tra gli autori della discussione hanno, secondo il giudice, oltrepassato i confini della libertà di espressione. Gli altri due, invece, si sono contenuti e non devono quindi in alcun modo rispondere di quanto a suo tempo scritto.