Sono state 45, nel 2018, le persone arrestate per atti persecutori dai carabinieri dipendenti dal Comando provinciale di Brindisi e 11 quelle indagate sempre per lo stesso reato, meglio conosciuto come stalking, e sottoposte al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla parte offesa. Dall’inizio dell’anno a oggi, invece, sono sei le persone tratte in arresto per questo stesso reato.
Con il termine atti persecutori è indicata tutta una serie di comportamenti molesti, come appostamenti, pedinamenti, violazioni di domicilio, telefonate, messaggi, biglietti, lettere, comunque sia intrusioni nella sfera privata della vittima. L’autore degli atti persecutori è l cosiddetto stalker che perseguita, appunto, un’altra persona (donna o anche uomo) procurandole uno stato d’ansia e paura tale da comprometterle la stessa quotidianità.
Sono tre gli elementi che fanno configurare il reato di stalking: la condotta tipica dello stalker, la reiterazione della condotta, l’insorgere di uno stato d’animo negativo nella persona perseguitata con la conseguente modificazione delle sue abitudini di vita.
Il persecutore può essere un estraneo ma spesso è un conoscente, un collega, un ex compagno (o compagna), un ex fidanzato (o fidanzata) che agisce sotto la spinta del desiderio di recuperare un precedente rapporto o di vendicare qualche torto subito.
Gli atti persecutori rappresentano un reato comune, che può cioè essere commesso da chiunque, anche da chi non abbia alcun legame con la vittima, ed è proprio questo aspetto che segna la differenza col reato di maltrattamenti in famiglia.
Ciò che lo distingue dalle minacce e dalle molestie è la reiterazione delle condotte e il perdurante stato di ansia o di paura, o di un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto.
Il reato di atti persecutori è punito a querela da parte della persona offesa, con un termine per la presentazione di sei mesi, termine che decorre dall’ultimo atto persecutorio compiuto nei confronti della vittima. Si può procedere d’ufficio, cioè le forze dell’ordine si attivano autonomamente per perseguire il colpevole, se i fatti sono compiuti nei riguardi di un minore o di una persona con disabilità o se il soggetto sia stato ammonito oralmente dall’autorità di pubblica sicurezza.