Nessuna clinica o poliambulatorio può sorgere nella zona industriale di Francavilla Fontana. Dopo la pronuncia del dicembre 2017 da parte del Tribunale amministrativo regionale – Sezione di Lecce, favorevole alle società Clinic4you Srl e Cp Tricot Srl, ieri il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso del Comune e, di fatto, ribaltato la precedente sentenza del Tar.Il contenzioso tra società interessate e Comune era nato a seguito dell’annullamento in autotutela, da parte del responsabile dell’Area tecnica dell’ente, del permesso di costruire (numero 75 del 5 maggio 2017) con cambio della destinazione d’uso di un immobile lungo la via per Grottaglie (Zona Pip) da “commerciale” a “direzionale” per la realizzazione di un “poliambulatorio di diagnostica e riabilitazione”.Il Comune, in precedenza, con delibera consiliare (numero 15 del 10 marzo 2017, ) aveva “liberalizzato” la Zona Pip di via per Grottaglie: non più soltanto insediamenti industriali, ma anche commerciali, direzionali, turistico-ricettivi e per servizi, grazie alla modifica di un articolo delle Norme tecniche di attuazione del Piano insediamento produttivi deliberato nel 2009 dall’allora commissario prefettizio.
Soltanto che poi, in una nota datata 4 maggio 2017, la Regione – Servizio Urbanistica riscontrò delle criticità nella delibera numero 15 del 2017 ed evidenziò come l’unico Piano per gli insediamenti produttivi fosse quello approvato nel 1980, dato che quello commissariale datato 2009 non era stato mai approvato dalla Regione stessa.
Di qui gli annullamenti in autotutela del permesso di costruire con cambio di destinazione d’uso prima (27 settembre 2017), della delibera consiliare di “liberalizzazione” poi (15 dicembre 2017) e il ricorso al Tar delle società, con tanto di richiesta risarcitoria nei confronti del Comune.
Se però il Tar dette ragione alle stesse società, rappresentate dall’avvocato Rosa Panizzi, il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune, rappresentato dall’avvocato Marco Palieri, in quanto gli strumenti urbanistici vigenti non consentono eccezioni e le modifiche al Piano insediamenti produttivi sia nel 2009 che nel 2017 non hanno rispettato lo specifico procedimento previsto dalla legge regionale pugliese per l’adozione delle varianti agli strumenti urbanistici.
«Tale procedimento – scrivono i giudici amministrativi di secondo grado nella sentenza – era tuttavia necessario poiché le rispettive previsioni non recano soltanto una semplice modifica alle destinazioni d’uso originariamente consentite dal PIP ma incidono sul PdF (Piano di fabbricazione del 1975, Ndr) vigente il quale, come si è visto, riserva le zone D esclusivamente a “piccole e medie industrie” nonché a “laboratori artigianali, botteghe, depositi, attrezzature per il commercio e la distribuzione, nonché le sole abitazioni per i custodi e i dirigenti di aziende”».
Insomma, in estrema sintesi è stata accolta la tesi difensiva del Comune secondo cui: «Un centro diagnostico – vale a dire una struttura dove vengono svolte prestazioni professionali di carattere sanitario – non è assimilabile ad un insediamento industriale o commerciale».
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