Le condanne – otto in tutto – risalgono al mese di ottobre 2016, mentre l’inchiesta era stata avviata nel 2008. Sul finire del 2012, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce e i colleghi della Compagnia di Francavilla Fontana, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, riportarono alla luce dal sottosuolo e dall’interno di alcune cave 360 scarichi sospetti e più di 300mila tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi derivati dalla combustione del carbone nelle centrali elettriche e petrolchimiche (ex Dow Chemical) brindisine. Vi fu il sequestro di quattro impianti di smaltimento dei rifiuti e di 60 mezzi tra autocarri, semirimorchi, macchine di movimentazione terra, oltre che di attrezzatura varia.
Sette furono le società implicate, con sedi a Brindisi, Francavilla Fontana, Carovigno, Monopoli e Faenza.
Gli imputati erano, a vario titolo, accusati di aver trasportato e smaltito illecitamente quegli scarti, nocivi per l’ambiente e la salute: otto, appunto, furono le condanne, cinque le prescrizioni.
L’elemento di novità, col recente deposito della sentenza, è costituito dal riconoscimento del diritto del Comune di Francavilla Fontana al ristoro dei danni subiti a seguito della realizzazione di una discarica abusiva sul territorio con relativo e conseguente pericolo.
Quando iniziò il processo, a capo dell’Amministrazione francavillese vi era il commissario straordinario Maria Rita Iaculli, che optò per la costituzione di parte civile e affidò il delicato incarico all’avvocato Zecchino. Soltanto la Città degli Imperiali, tra i comuni interessati, operò questa scelta e a distanza di sei anni si può dire che fece una scelta giusta, sempre che il provvedimento di primo grado resista alle eventuali future impugnazioni.