I fatti si sono verificati dopo le 15 di domenica scorsa, 22 aprile, a Villa Castelli. La 30enne, a seguito di un alterco col compagno, cacciato di casa, si è rinchiusa nella loro villetta in compagnia del figlioletto, lasciando presagire intenzioni non proprio rassicuranti. L’allarme ai carabinieri della Stazione di Villa Castelli è stato lanciato dal padre della donna, avvisato dal convivente, il quale ha anche riferito che la compagna aveva aperto il gas della cucina.
Per dieci minuti nessuno ha risposto al citofono e dall’interno dell’abitazione non è provenuto alcun rumore. Si è temuto il peggio fino a quando il piccolo non ha cominciato a piangere e ha fatto rassicurato i militari e gli altri là fuori: era ancora vivo. A quel punto è scattato il protocollo d’intervento della cosiddetta “negoziazione operativa”: gli uomini dell’Arma e i vigili del fuoco del Distaccamento di Francavilla Fontana hanno fatto sgomberare l’area confinante con l’epicentro della “crisi” e i vigili del fuoco. Sul posto anche personale del 118. Nel frattempo è sopraggiunto anche un maresciallo negoziatore in forza al Nucleo investigativo del Reparto operativo di Brindisi (egli ha frequentato un corso, particolarmente complesso e selettivo, che solo una piccola percentuale supera, presso l’Istituto superiore di tecniche investigative dei carabinieri, con sede a Velletri, corso tenuto da docenti universitari in discipline sanitarie, sociologiche e psicologiche).
Il sottufficiale ha instaurato un rapporto empatico con la donna, che si è fidata di lui e gli ha consentito di entrare in casa da solo. Una volta all’interno, il negoziatore si è sincerato delle buone condizioni del bimbo e ha poi dialogato lungamente con la 30enne. Quest’ultima le ha confidato i suoi fattori di stress, non riconducibili – a quanto pare – a maltrattamenti fisici o psichici da parte di qualcuno. La mediazione si è conclusa con successo dopo circa 90 minuti: la bracciante e il figlioletto ne sono usciti sani e salvi ed è stata evitata la possibilità di un gesto estremo.
La figura del sottufficiale “negoziatore” nell’Arma dei carabinieri è stata introdotta, in ambito provinciale, dal 2009. Il negoziatore è utilizzato per la gestione non conflittuale delle situazioni di crisi e di emergenza e opera in tre scenari “operativi madre”: tentativi di suicidio/autolesionismo; barricamenti domestici in presenza di vittime o ostaggi; criminali asserragliati a seguito del compimento di reati con presa di vittime e ostaggi.
La figura è alle dirette dipendenze del comandante provinciale dei Carabinieri che ne dispone personalmente l’impiego e dirige in prima persona sul posto tutte le fasi dell’intervento.