Si riceve e pubblica:
Replica ai chiarimenti espressi dalla Diocesi di Oria – riferimento “Pomeriggio 5”.
Con espresso riferimento a quanto pubblicato dalla Diocesi di Oria, a firma del Prof. Pierdamiano M. Mazza – Direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali e la Cultura della Diocesi, del 30.05.17.
Corre obbligo, da parte delle scrivente Sig.ra Daniela MAGLIE – patrocinata e difesa nel procedimento penale che ci occupa dall’Avv. Antonio SARTORIO e Avv. Antonella RIZZO – di puntualizzare e correggere, se del caso, tali diverse e affrettate verità dedotte dalla Diocesi di Oria, e ciò per le motivazioni tutte che gradatamente si riportano, e che non devono distogliere chi legge da quelli che sono i fatti occorsi e valutati oculatamente, in fatto e diritto, dall’Autorità Giudiziaria intervenuta, a seguito di una certosina ed assai corposa attività investigativa posta in essere dai Carabinieri di Latiano (Br), coadiuvati puntualmente dal P.M. Dott. Farina VALAORI, che sicuramente nulla hanno lasciato al caso.
Dando per scontato e conosciuto che vi sono tre gradi di giudizio, anche per chi veste abiti ecclesiastici, e che per essere dichiarato penalmente responsabile, devono svolgersi tutti e tre i gradi, ciò, però, non significa che chi è rinviato a giudizio e/o alla udienza preliminare, a seguito di imputazione coatta, sia indiscutibilmente innocente, come intendono far credere, con la verità da loro pubblicata, gli Uffici per la Comunicazione Sociale della Diocesi di Oria.
Qualcuno afferma leggendo il comunicato stampa: un fatto dovuto da parte della Chiesa, per altri, ingiurie della Maglie al mal capitato, altri ancora non sanno cosa pensare. Orbene, per tutti coloro che hanno letto la verità di quel comunicato stampa, una sola domanda spontanea – ma se è vero ciò che dice la Diocesi in difesa del sant’uomo, perché mai Don XXX* dovrà rispondere di circonvenzione di incapace innanzi al Giudice per la Udienza Preliminare di Brindisi il 9 novembre 2017?
Forse la Verità dedotta dalla Diocesi non è la stessa verità riportata sui tavoli di Giustizia dalle parti, ma solo la linea difensiva dell’imputato, cosa ben diversa, anche perché pare sia risultata insussistente ai fini processuali.
Invero, quanto elencato dalla Diocesi, risulterebbe essere meramente quanto già “affannosamente” dedotto dalla consulenza di parte, sicuramente diversa da quanto accertato invece dal CTU del Pubblico Ministero, che ha, in conclusione, partecipato alla imputazione coatta del Sacerdote.
Ed ancora, per essere puntuali nelle osservazioni, un breve passaggio sulla nominata CTU del dott. SUMA, specificando che il professionista ha concluso deducendo che dal 2011 la signora “fu” Vita MAGLIE era documentalmente incapace, prima del 2011 lo si può ipotizzare solo nei termini di generalità clinica, una fase di prodromi della malattia, non essendo possibile una valutazione sul piano concreto ed individuale – cosa pertanto ben diversa.
Senza in questa sede voler entrare nel merito, la Signora fu Vita MAGLIE era affetta dal morbo di Alzheimer già dal lontano 2002, gradatamente accentuatosi negli anni fino a degenerare, come si è avuto modo di dimostrare a chi di dovere, e che nel 2011 la Commissione Medica adita si è espressa anche sulla base di documentazione degli anni precedenti, come logico che sia.
Circa i beni di cui si discute, invece, parrebbe che gli stessi siano stati trasferiti, con espressa autorizzazione, solo durante le indagini della Magistratura, e quindi solo dopo che il Sacerdote era stato dichiarato ufficialmente indagato per circonvenzione di incapace. Qualcuno lo potrebbe definire una sorta di ravvedimento operoso.
Con riferimento ancora alle somme spese per i restauri dedotti, risulterebbe, di fatto, che gli unici importi che siano stati documentati da Don XXX, e concretamente, sarebbero solo € 24.020.01 e nulla altro; invero, le spese documentate e riportate dalla Diocesi, risalirebbero a prima della morte della Sig.ra fu Maglie Vita, e non possono essere poste in un rapporto contiguo con le somme rinvenienti dall’eredità che ci occupa.
Con riferimento ancora alla tomba gentilizia, si precisa che innumerevoli volte la scrivente ebbe a richiedere le chiavi di detta Cappella, quale erede, e pertanto nel pieno possesso e diritto, senza nulla sortire, fino al 19.05.2017, quando a seguito della trasmissione “Pomeriggio 5”, condotta da Barbara D’Urso, la Maglie fu Convocata in Chiesa e ricevette finalmente le chiavi della Cappella, dalle mani dell’attuale Parroco che ha di fatto sostituito Don XXX.
Ma vi è di più. Con riferimento al nuovo corso di giustizia dedotto dalla Diocesi, nel quale la Diocesi stessa si dichiara fiduciosa, è bene rappresentare che Don XXX, per il tramite dei propri difensori, ha provveduto a ricorrere in Cassazione a Roma, per l’annullamento della Ordinanza emessa dal GIP, per l’ipotesi di difetto procedurale – stante a significare, che Mons. Don XXX, cerca in ogni modo di non sottoporsi al giudizio terreno, o meglio al processo che lo vede imputato per circonvenzione di incapace continuato, ma cerca in tutti i modi possibile di trovare un cavillo giudiziale per potersi esimere, senza essere giudicato in una regolare Aula di Giustizia, dove tutte le verità vengono rese innanzi alla legge ed innanzi al popolo, con la dialettica e garanzie di legge, sia per l’imputato sia per la Parte Civile.
Con riferimento poi, alla valutazione della possibilità di adire le vie giudiziarie “per la tutela della propria immagine” anticipata dalla Diocesi nello stesso comunicato stampa, non è chiaro capire se è una frase di rito, o una velata dichiarazione inibitoria, di fatto a doversi tutelare non è sicuramente detta Diocesi, nella fattispecie, ma chi ha subito una lesione in fatto e diritto da tale evento che, fino a prova contraria è di diversa ed opposta verità da quella dedotta nel comunicato stampa a cui con la presente si è dato seguito.
Doveroso invitare, anche in virtù della verità narrata al Popolo e a tutti i credenti da parte della Diocesi, affinché Don XXX si sottoponga serenamente al processo a suo carico, proprio perché ritiene di essere innocente, senza sicuramente ricorrere in Cassazione per ipotetici difetti procedurali, che come tutti sanno esulano dal merito del reato contestato. In tale sede il Parroco potrà far valere tutte le sue verità innanzi alla Legge e innanzi al popolo, altrimenti il dubbio che potrebbe rimanere sarà oberante per il Sacerdote e per la stessa Diocesi che lo difende a spada tratta, con pubblicazioni del tenore qui contestate
Tanto è dovuto per senso proprio di verità – Daniela MAGLIE