«La banca ci vuole sbattere fuori di casa dopo 30 anni, ma noi non abbiamo colpe»

sentenza giudizio tribunale

Sembra che purtroppo ci sia ormai poco da fare: due donne di Francavilla Fontana potrebbero da un momento all’altro essere sbattute fuori di casa dalla banca che, di fatto, la loro casa se l’è già ripresa e da tempo sta cercando di piazzarla al miglior offerente. Ritrovarsi in mezzo a una strada dopo più di 30 anni non è affatto uno scherzo. Si può solo immaginare l’ansia quotidiana di madre e figlia alle quali da un giorno all’altro potrebbe giungere la notizia dell’avvenuta vendita giudiziaria di quello che per tre lustri ha rappresentato il loro focolare domestico.

Quell’immobile che il loro marito e padre – scomparso tre anni fa a causa di una malattia – nel 1986 comprò stipulando un contratto preliminare quand’era ancora soltanto un progetto. Due anni dopo e qualche giorno prima che il compratore si recasse dal notaio per la trascrizione, però, il costruttore fu dichiarato fallito: troppi i suoi debiti, in primis quello con la banca che lo aveva finanziato.

La banca ha così rivendicato il suo credito e – siccome il pagamento era avvenuto per contanti prim’ancora del rogito – negli anni si è ripresa i complessi immobiliari che, sulla scorta del progetto originario, nel frattempo erano sorti. Non soltanto quello delle due donne – assistite dall’avvocato Giovanni Bianco del Foro di Brindisi – ma anche quelli di un’altra trentina di inquilini che, a suo tempo, avevano acquistato con le stesse modalità (preliminare e pagamento senza mediazione finanziaria) da quello stesso costruttore. Molti di loro sono già stati spogliati delle loro proprietà di fatto, che al momento del fallimento risultavano ancora nella titolarità formale del costruttore fallito così come quella di madre e figlia, che però non si danno per vinte.

«È un’ingiustizia – dice la figlia – perché quella è la nostra casa e perché mio padre l’aveva comprata per la cifra di circa 250 milioni dopo sacrifici enormi».

In passato, ella e sua mamma hanno anche cercato di raggiungere un compromesso con la banca per comprare quella casa una seconda volta, magari a un prezzo vantaggioso. Non c’è però stato verso: l’istituto di credito oltre una certa somma non è disposto a trattare e quei 126mila euro posti come base d’asta sono davvero troppi.

Il destino – ammette lo stesso legale, che ha percorso tutte le strade percorribili – appare segnato, come dimostrano i casi e la sorte analoghi in cui sono sin qui incappati gli altri inquilini, praticamente gabbati dal fallimento del costruttore. Al di là degli aspetti giuridici e di una giurisprudenza consolidata che dà ragione alle pretese del creditore – la banca, appunto – questa storia dimostra come talvolta diritto e umanità percorrano binari paralleli e procedano tutt’altro che nella stessa direzione.

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