“Il grande esodo” dei docenti pugliesi, qualcuno lo chiama già così. Oppure, chissà, sarebbe meglio chiamarla “ingiustizia”, l’ennesima causata da un’insana applicazione giuridica che rasenta l’assurdità.
Già, proprio così, perché per questo nuovo anno scolastico le operazioni di mobilità del personale scolastico, rectius: per parte di esso, si svolgeranno secondo nuovi criteri. Quelli stabiliti dalla Legge. Oppure no. Ed è qui che sorgono i dubbi. Ed è qui che si scava alla ricerca della verità e della certezza del diritto.
Allo scopo di tutelare gli interessi dei docenti pugliesi lesi dalle scelte applicative diabolicamente elaborate dal Ministero dell’Istruzione, le avvocatesse salentine Carmen Saponaro, Nunzia Ciarfera e Marina della Corte, appartenenti rispettivamente all’ Ordine di Brindisi e Lecce, stanno predisponendo per i loro assistiti due ricorsi, uno diretto al Tribunale Amministrativo di Roma e l’altro al Tribunale del Lavoro competente per territorio, in attesa che siano pubblicati i movimenti del personale docente.
Criteri, si intende, previsti dal contratto nazionale, firmato da tutte le sigle sindacali della scuola, e dalla pedissequa Ordinanza del Ministero dell’Istruzione dell’8 aprile u.s., ma che sostanzialmente stravolgono il vecchio sistema di mobilità, prevedendo una articolata distinzione in fasi e sottofasi nell’ambito delle quali ciascun docente partecipa ai trasferimenti a seconda del canale di reclutamento (G.a.E. o G.M. da concorso 2012) e del periodo temporale in cui ha ottenuto l’incarico a tempo indeterminato.
E’ evidente che tali operazioni di mobilità hanno dovuto necessariamente tenere conto del piano straordinario di assunzioni attuato dal Governo con la discussa legge della Buona Scuola, nonché della riforma degli Ambiti Territoriali, entrambe attuate nel 2015.
“Tuttavia tali criteri – tengono a precisare le tre avvocatesse – presentano numerosi profili di illegittimità nella misura in cui determinano evidenti disparità di trattamento tra i docenti di ruolo che presentano domanda, e che in particolare riguarda tutti i docenti assunti nella cosiddetta fase C e quelli della fase B che si definiscono “esiliati” perché costretti ad accettare nomine in sedi scolastiche distanti dal proprio Comune di residenza o peggio ancora dalla propria Regione, abbandonando famiglia e affetti, ed ad affrontare peraltro notevoli costi per vivere in un’altra città! Del resto – continuano i legali – l’illegittimità perpetrata dalla Ordinanza Ministeriale è stata già sottolineata nei giorni scorsi dal Tribunale amministrativo del Lazio che ha sospeso l’esecuzione del provvedimento amministrativo in quanto la successione delle fasi di mobilità crea una disparità di trattamento tra docenti tale da sollevare perfino presunti dubbi di legittimità costituzionale!”.
Peraltro, sotto altro profilo, si ricorda che, a seguito della recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, molti precari del pubblico impiego – tra cui appunto anche il personale docente e non della scuola – che hanno prestato servizio su posto libero per 36 mesi, hanno diritto ad ottenere un risarcimento dallo Stato fino a 12 mensilità.
Insomma, piuttosto che parlare di legge pastrocchio, ad alimentare i legittimi dubbi di migliaia di insegnanti di tutta Italia è l’applicazione della stessa legge, capace di provocare legittime perplessità ed evidenti ingiustizie. Quelle contro cui, nel pieno rispetto del quadro normativo attuale, si cerca ora di porre rimedio e ideale contrasto.