Ci sono stati giorni nei quali, secondo investigatori e inquirenti, hanno commesso più d’un colpo. L’errore più grande? L’essere passati da Oria, perché proprio dalla rapina ai danni della 82enne C.D.V. sono partite le indagini che hanno inchiodato il 30enne Bernardo Curto, il 27enne Rocco Chirico, il 25enne Giuseppe Leone (ora in carcere) e il 24enne Pietro Nisi (unico ai domiciliari), tutti di Villa Castelli, ma pronti a scippare nell’arco di chilometri e chilometri, anche nella stessa giornata, qualunque persona anziana – uomo o donna, poco importava – ritenuta incapace o poco capace di opporre resistenza. Il modus operandi, sempre lo stesso: individuare la vittima o le vittime – in alcuni casi marito e moglie – e poi entrare in azione con il preciso scopo d’impossessarsi dei gioielli (principalmente catenine in oro) che avevano indosso.
Questo hanno accertato e sottoposto al vaglio della Procura i carabinieri della stazione di Oria, guidati dal luogotenente Roberto Borrello, con la collaborazione dei colleghi del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Francavilla Fontana. Da quel 28 agosto 2015 – data della rapina ai danni della 82enne oritana in via Re di Puglia, avvenuta intorno alle 9,45 – è scattata l’indagine sfociata oggi nell’operazione “Take and run” (prendi e scappa) con l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Brindisi Stefania De Angelis su richiesta del pubblico ministero Giuseppe De Nozza.
Sono dieci le rapine (a Oria, Cellino San Marco, San Marzano di San Giuseppe, Sava, Latiano, Pulsano, Monteiasi, San Giorgio Jonico, San Vito dei Normanni e Mesagne) e sei i furti con strappo (a Carovigno, Montemesola, Sava, Monteiasi, Martina Franca e nuovamente Sava) contestate a quella che è indicata come un’associazione per delinquere finalizzata, appunto, alla commissione di reati contro il patrimonio e contro la persona.
A capo del presunto sodalizio ci sarebbe stato, stando sempre ai documenti dell’inchiesta, il 30enne Curto: di rado avrebbe agito in prima persona, ma sarebbe comunque stato sempre presente – quale accompagnatore e promotore – sul luogo dei delitti. La sua Alfa Romeo 147 di colore grigio è indicata quale il mezzo di locomozione del gruppo.
Da quando i militari coordinati dal comandante Borrello si sono messi alle loro calcagna – mediante servizi di osservazione, controllo tecnico-fisico e pedinamento – la giornata da “incorniciare” è senza dubbio quella del 9 settembre 2015, quando i colpi messi a segno ammontano addirittura a quattro: un tentativo di rapina ai danni di una donna a San Vito dei Normanni, una rapina andata a buon fine a Cellino San Marco, un’altra a Mesagne e infine una (non riuscita) in una gioielleria di Francavilla Fontana (via Di Vagno).
E quel giorno, in via Di Vagno, furono presi dai carabinieri Curto e Chirico. Dal loro arresto, un’ulteriore svolta nelle indagini, perché dalle intercettazioni in carcere a carico di Curto, che parla con la madre e altri parenti, emerge il coinvolgimento degli altri due. E si procede, dunque, a ritroso, ricomponendo – tassello dopo tassello – un mosaico fino a quel momento misterioso.
Grazie anche al contributo delle vittime e ai loro riconoscimenti fotografici, oltre che all’ausilio della tecnologia, il quadro diviene sempre più chiaro e si scopre come, nei mesi di agosto e settembre dello scorso anno Curto & Co. si fossero dati un gran daffare: numerose le scorribande tra le province di Brindisi e Taranto a caccia soprattutto di collanine in oro. Le modalità erano – scorrendo il provvedimento giudiziario – pressoché sempre le stesse: si usciva di casa di buono al mattino, si faceva un giretto per le strade di un determinato centro, s’individuava la preda e poi – zac! – si entrava in azione, uno alla volta. Curto spesso nei panni di accompagnatore/palo, gli altri di esecutori materiali del colpo. Ora Chirico, ora Leone, ora Nisi.
Talora i colpi riuscivano alla perfezione, talaltra meno. Come quando, il 5 settembre 2015, in via Cavallo a Latiano, fu presa di mira una donna di 85 anni che era seduta davanti casa sua con un’amica: Leone le si avvicinò con una scusa e, all’improvviso, le strappò la collanina dal collo, solo che l’amica della donna afferrò una stampella e colpì ripetutamente lo scippatore, che si dette alla fuga. Ad attenderlo, secondo le ricostruzioni investigative, c’era poco più in là il “solito” Curto.
Al di là dei casi specifici, tutti simili con ogni tanto piccoli imprevisti o varianti, ciò che ha colpito in modo particolare i carabinieri e anche i magistrati è stata la determinazione e la spietatezza del quartetto. Non di rado, infatti, gli scippi (furti con strappo) si sono tramutati in rapine a causa della violenza usata sulle persone per raggiungere l’obiettivo o garantirsi la fuga. Diverse tra le vittime – tra i 63 e gli 88 anni – sono dovute ricorrere alle cure mediche e, in considerazione dell’età avanzata, tutto sommato se la sono anche cavata abbastanza bene.
“Nessunissima premura da parte loro – ha sottolineato il procuratore capo di Brindisi, Marco Di Napoli, durante la conferenza di stamattina – nei confronti di persone che avrebbero potuto essere i loro nonni”.