Non ci si poteva distrarre neanche per un secondo, loro erano sempre in agguato. Ovunque si trovassero, giocando – anche se le loro gesta erano da loro stessi definite “lavoro” – in casa o in trasferta. Come quando s’impossessarono del portafogli di un operaio e gli ripulirono il conto corrente.
Il 27 maggio 2013, quattro degli indagati (due uomini e due donne) nell’ambito dell’inchiesta sfociata nei quattro arresti di ieri (22 giugno 2016) decidono di fare un giretto a Villa Castelli, in particolare presso “Bufano Brico Casa”.
A un certo punto, dentro un ufficio riservato ai soli dipendenti dell’esercizio, notano un marsupio incustodito. L’occasione fa l’uomo ladro, se poi l’uomo è già un professionista, va da sé che quella di occasione era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Così, due entrano in azione, l’altra coppia guarda loro le spalle. Il bottino è un portafogli contenuto nel borsello. Con calma e circospezione, il quartetto si allontana tranquillamente e si dirige verso il parcheggio esterno. In macchina si passa dunque alla valutazione della refurtiva: 55 euro, una tessera bancomat, carta d’identità, patente di guida e una banconota da 5mila lire ormai fuori corso. In più, numerosi appunti: rovista e rovista, ecco che tra essi spunta un codice: nome e cognome della vittima, seguita da Pago Bancomat e numeri del PIN. Bingo!
Nel frattempo, il dipendente di “Bufano” si accorge di non avere più il portafogli e sporge denuncia di smarrimento presso la stazione carabinieri di Grottaglie. Poco dopo, però, si accorge che già quello stesso giorno (il 27 maggio) qualcuno aveva prelevato 250 euro utilizzando il suo bancomat.
Quegli altri, infatti, di ritorno da Villa Castelli, non perdono tempo: si fermano allo sportello Atm della filiale di Francavilla della Banca popolare di Bari e prelevano il massimo: per l’appunto, 250 euro.
Non si accontentano e decidono di spolpare ancora l’osso: sempre in comitiva, si dirigono verso l’Auchan di Mesagne e presso la gioielleria “Follie d’Oro” acquistano, sempre con quel bancomat, una collana e un bracciale in oro giallo spendendo 1.282,65 euro. Poi se ne vanno.
“Va bene – commenta uno in macchina, sbagliando i conti – 1.800 euro di danno gli abbiamo fatto”.
Ma non finisce qui. In serata provano ancora a sfruttare i soldi altrui. Raggiungono un distributore self-service e cercano di fare rifornimento gratis. Ma stavolta l’operazione non riesce. “Quello se n’è accorto, è andato a bloccarlo, mica è fesso”, conclude una delle donne. Quindi si sarebbero potuti disfare della tessera.
Il piano B, a conclusione dell’A, scatta l’indomani. Dopo una breve indagine di mercato, i quattro stabiliscono che il miglior modo di trasformare in contanti gli acquisti del giorno prima (collana e bracciale) sarebbe stato quello di rivenderli a un “Compro Oro” e ne individuano uno che, a Mesagne, paga ben 18 euro il grammo. Conclusione: intascano 650 euro in contanti.
Non sanno, però, che tutti i loro movimenti e ogni loro conversazione sono seguiti passo passo dai carabinieri, che li controllano mediante appostamenti, pedinamenti ma soprattutto Gps e intercettazioni telefoniche e ambientali. E dunque tutto è finito nell’inchiesta che ora li vede indagati e li costringerà a difendersi da accuse gravi quali l’associazione per delinquere finalizzata a… di tutto un po’.