“Io non ho più paura”, in un libro la piaga sociale della violenza di genere e i consigli per uscirne

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Da sinistra: Annalisa Antonini e Vitanna Curigliano di “Informamentis” con l’autore del libro “Io non ho più paura” Pietro Battipede
Il vicequestore Battipede
Il vicequestore Battipede

“Credevo fosse amore, invece era solo violenza, una violenza inaudita pronta a scatenarsi quando non ero d’accordo con lui anche solo allo 0,1 per cento”. Ciò ha detto, tra le altre cose, “Maria”, che il vicequestore Pietro Battipede ha intervistato telefonicamente ieri nel corso della presentazione del suo libro “Io non ho più paura” presso la biblioteca comunale “De Pace – Lombardi” di Oria, ospite dell’associazione “Informamentis” del posto (rappresentata da Annalisa Antoninicounselor per il benessere personale e relazionale, e dalla psicologa Vitanna Curigliano) e dell’associazione Ethra Accademia Sociale” di Taranto (per cui c’erano la presidente Angela Petra Blasi e Grazia Scaligine). Per l’amministrazione comunale, che ha patrocinato l’iniziativa, erano invece presenti l’assessore Umberto Peluso e poi anche i consiglieri Cosimo Patisso, Antonio Micelli, Mimmo Conte e il presidente del Consiglio civico Glauco Caniglia.

Si è parlato di violenza di genere, non solo sulle donne, ma soprattutto di come uscirne, di come reagirvi e di come superare esperienze traumatiche. Di situazioni simili il dottor Battipede, nella sua lunga carriera di poliziotto, ne ha incontrate e affrontate tante, così ha deciso di raccontarne qualcuna in quest’opera, per la cui stesura si è avvalso della collaborazione di una psicologa, di un criminologo e di un suo collega della polizia postale. All’interno vi si trova e vi si legge uno spaccato di vita quotidiana e di società, una società che a volte mostra tutta le sue efferatezza, arretratezza e, in estrema sintesi, debolezza, bruttezza.

«Lo conobbi a una festa – ha ricordato al telefono, ancora scossa, Maria, 35 anni e oggi finalmente un’occupazione – e fu subito molto carino con me, apprezzai il suo modo di corteggiarmi e anche il fatto che fosse un professionista facoltoso, anche perché io in quel periodo io ero senza lavoro…».

Uno scatto del breve intervento dell'assessore Umberto Peluso
Uno scatto relativo al breve intervento dell’assessore Umberto Peluso

«All’inizio era molto premuroso – ha proseguito – mi ricopriva di attenzioni e di regali anche molto costosi per dimostrarmi il suo affetto, quello che lui chiamava amore, tanto che a un certo punto decisi di andare a vivere con lui, nella sua bella casa, ma appena ci misi piede ebbi l’impressione di essere diventata un po’ cosa sua, almeno nelle sue intenzioni: al ristorante, per esempio, il menu lo prendeva solo lui e sceglieva per tutti e due, nel frattempo notai che alzava un po’ troppo il gomito e diventava più irascibile…».

«Il primo fattaccio si verificò – ha aggiunto – un giorno all’improvviso: non ero d’accordo con lui e mi diede uno schiaffone in pieno viso, poi sbatté la porta e se ne andò di casa e io già in quella prima occasione chiamai i carabinieri e spiegai loro di aver preso un ceffone dal mio uomo, il carabiniere lo chiamò e gli disse bonariamente di tornare a casa e di fare pace perché lo stavo aspettando…».

«Dopo qualche tempo – è andata avanti col ricordo – rimasi incinta di lui e quando glielo comunicai si mostrò felice e mi disse di volermi sposare, mi regalò persino un costosissimo orologio per ringraziarmi e per farsi perdonare… Ne seguì un periodo più o meno tranquillo».

Ma poi… «Durante una cena con amici, osai dire la mia e contraddirlo, lì per lì non disse nulla né reagì e sembrò incassare, ma una volta a casa mi è saltò addosso e mi aggredì, mi strangolò quasi: trovai la forza di dargli un calcio nelle parti basse e di chiudermi in bagno, mentre lui da fuori tentava di sfondare la porta; io ero dolorante, piena di sangue e pensavo di morire da un momento all’altro».

Annalisa Antonini e Vitanna Curigliano
Annalisa Antonini e Vitanna Curigliano

«A un certo punto – ha continuato – sentii sbattere la porta d’ingresso e uscii, presi la macchina e andai in pronto soccorso, dove attesi ore e ore prima della visita perché c’era stato un incidente e quindi veniva prima quell’emergenza e non la mia da codice rosa… Quella volta il poliziotto del posto fisso, quando mi vide col naso rotto, mi chiese cosa fosse successo e poi m’invitò a denunciare, ma io volevo soltanto andarmene e tornare a casa, dai miei ovviamente, così guidai fino all’alba e poi rincasai. Il giorno seguente mio padre mi costrinse a denunciare tutto e lì cominciò la fine di questa mia storia, decisi di salvare la creatura che avevo in grembo dalla violenza di suo padre…».

Il bimbo, che è ancora piccolino, non sa alcunché del padre, quando chiede qualcosa sua madre gli dice che è fuori per lavoro…

La copertina del libro, edito da Progedit
La copertina del libro, edito da Progedit

Ma non c’è soltanto la storia di Maria tra quelle che hanno colpito l’autore di “Io non ho più paura”: «Ci sono situazioni assurde su cui focalizzare l’attenzione – ha spiegato il dottor Battipede – come quella di un ex marito violento condannato a cinque anni di carcere che ora, dopo aver scontato la pena, è a tutti gli effetti un cittadino libero e può tranquillamente incrociare o andare a cercare l’ex moglie… Cosa possiamo fare noi forze dell’ordine di fronte a situazioni come questa, a parte dare conforto alle vittime e renderci disponibili? L’unica speranza è che non accada nulla né a lei né ai suoi figli».

Davanti a un pubblico attento e partecipe, si è poi parlato dei dettagli di ciascuna storia e dei punti comuni a tutte: come quella sorta di Sindrome di Stoccolma – la dipendenza dal carnefice – che quasi sempre a un certo momento s’impadronisce delle vittime. I consigli di Maria (nome di fantasia), forte del suo vissuto, ai presenti sono stati semplici: «Se qualcuno alza le mani una volta e poi chiede perdono, state certi che poi lo rifà, quindi bisogna subito prendere le distanze e il coraggio con due mani». Tra i problemi di sistema, poi, anche una certa difficoltà per così dire strutturale: organici delle forze dell’ordine ridotti ai minimi termini e impossibilità di monitorare h24 tutte le situazioni a rischio…

e.z.

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