Madre e figlio di 45 e 29 anni, ma anche una terza persona sottoposta a obbligo di dimora. Questi i tre destinatari di un’ordinanza cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Brindisi, che i carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana hanno eseguito stamane, anche se una donna 35enne di origine rumena è riuscita a rimpatriare appena in tempo (nei suoi confronti è stato per il momento impossibile eseguire il provvedimento). L’accusa è di concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravati, in una sola parola: caporalato.
Le persone sfruttate erano principalmente straniere e le indagini – condotte con appostamenti, pedinamenti e intercettazioni telefoniche – sono partite nel settembre 2015 proprio dalla denuncia di una bracciante di Villa Castelli. Trenta euro al giorno per 14 ore (in busta paga ne risultavano appena sei) di fatica più i 200 per il trasporto in angusti furgoni da nove posti nei quali venivano stipati fino a 15 lavoratori per raggiungere Noicattaro (Bari) a 170 chilometri di distanza. Si lavorava anche alla domenica ed erano contingentati persino i tempi per pausa pranzo ed espletamento delle necessità fisiologiche (si poteva fruire del “bagno” solo un tot di volte e previo permesso da parte del caporale). Una delle vittime di sfruttamento, mamma di tre figli, racconta al telefono a un’amica: «Non mangio da tre giorni, non ho soldi». Una di loro, poi, viveva in condizioni disumane in un garage attiguo all’abitazione della donna arrestata.
Gli arrestati sono Chiara Vecchio, di 45 anni, e Vito Antonio Caliandro, di 29. La donna questa mattina era alla guida di un furgone, diretto alla volta dei campi, quando è stata fermata dagli uomini dell’Arma.