Da Francavilla al Kenya, ormai quasi sette anni fa, il passo è stato lunghissimo. Innamorarsi di una parte di quel continente – perché l’Africa è immensa – invece è stata questione di attimi. Oggi, Erica Zingaropoli, 32 anni, è di nuovo in Europa, per la precisione in Portogallo, dove vive e lavora come impiegata di una compagnia aerea, ma il mal d’Africa l’assale ogni giorno: «Non vedo l’ora di tornarci», ammette. E ai primi di marzo lo farà. Stavolta però sarà un po’ diverso: Erica è finalmente riuscita a costituire una Onlus tutta sua e, dalla prossima estate, si propone di “contagiare” col suo mal d’Africa quanta più gente: «Venite con me, ve la faccio conoscere io l’Africa dell’Est».
Con “Twende”, che significa “andiamo”, Erica promuove dei tour in Kenya e Uganda, non certo a scopi turistici. «La finalità è quella di aiutare soprattutto le donne a vivere una vita il più normale possibile, sostenendole nel lavoro manuale e procurando loro le materie prime». Non un viaggio qualsiasi, dunque. «I volontari che decideranno di partire con me e con Twende potranno toccare con mano la realtà di quei posti così difficili eppure così affascinanti, dove davvero si può ritrovare se stessi stando a contatto con gli altri: andando nei villaggi, mangiando con gli indigeni e trascorrendo del tempo con loro per un puro, inusuale, vero, indimenticabile scambio interculturale».
Quando nel 2009 per la prima volta Erica partì per il Continente Nero aveva 25 anni e soprattutto l’intenzione di staccare la spina per un po’ da una realtà, quella locale, che ormai le stava stretta e che le offriva poco. «Partii un po’ per gioco – ammette – ma una volta là, cominciai subito a trovare la mia dimensione: cercavamo di dare una mano e soprattutto sostegno a chi era ammalato: c’era una donna affetta da leucemia e noi la curavamo con l’aspirina; facemmo il possibile, ma purtroppo non ce la fece e sopravvivere…».
La povertà assoluta dell’Africa, ma anche le sue enormi ricchezze umane. «È bellissimo – assicura Erica, che nel 2014 ha scritto anche un libro, non a caso intitolato “La mia Africa” – vivere un’avventura in mezzo a popoli e culture sconosciute, dove puoi trovare veramente le risposte alle domande che ti sei sempre fatto, risposte che non ti dà qualcun altro, ma che ti dai da solo attraverso i tuoi stessi occhi». Erica in Africa ha ritrovato se stessa e una missione da compiere, una vita da vivere. «Riparto mese prossimo per sistemare tutto perbene, penso di organizzare il primo viaggio con Twende a luglio: mi piacerebbe che si partisse non pensando di andare a farsi una vacanza, ma ugualmente con spensieratezza e senza preconcetti».
Un po’ come fece lei nel 2009 e poi ancora, e ancora, e ancora… «Allora scoprii che l’Africa era sempre stata dentro di me anche non avendola mai conosciuta: ascoltai un richiamo e lo seguii, lasciandomi alle spalle le certezze che avevo nel posto in cui ero nata e cresciuta. In Africa mi sono conosciuta e accettata: è per me una scelta, il mio completamento, la meta, la riuscita, la soluzione, la cura, la risposta. Come un orfano che ritrova sua madre, come Ulisse che ritorna a Itaca».
E, così, oggi Erica ha dato vita a Twende, che dispone anche di una pagina Fb e di un sito internet, grazie ai quali saperne di più.