Al danno, la beffa. Sottoposto a procedimento per truffa ai danni del Comune di Francavilla Fontana insieme con un dirigente pubblico, a seguito di un esposto anonimo alla Procura, e poi scagionato dallo stesso pubblico ministero che ha chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione del suo caso, l’ex consigliere di centrodestra Tommaso Attanasi – difeso dall’avvocato Antonio Andrisano – rischia ora di non vedersi riconosciute dall’ente neppure le spese legali sostenute per dimostrare la propria estraneità ai fatti.
Il segretario generale, Antonio Bianchi, è stato netto nel citare recente delibera (numero 166 del 27 maggio 2015) della Corte dei Conti per la Campania: nessun rimborso è dovuto a consiglieri, assessori e sindaco nel caso di giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa conclusisi per loro favorevolmente, “non essendo configurabile tra costoro e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, il che impedisce di estendere nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né di applicare la tutela privatistica in tema di mandato”.
Un unicum nella Città degli Imperiali, dove in passato tutti gli amministratori assolti o comunque prosciolti da ogni accusa avevano ottenuto la rifusione delle spese di giustizia ingiustamente sostenute. Un orientamento che, in una nota di replica protocollata proprio oggi (1 ottobre 2015), uno stupito Attanasi contesta fermamente sulla base di una giurisprudenza a suo stesso dire “costante, massiccia e consolidata” nel senso opposto.
Ma procediamo con ordine. È il 2013 quando in Procura, a Brindisi, giunge un esposto anonimo per chiedere di fare chiarezza sulla presunta condotta illecita dell’allora consigliere comunale capogruppo del Popolo della Libertà. Secondo l’autore, Attanasi avrebbe abusato dei permessi retribuiti (poi rimborsati dal Comune al datore di lavoro, in questo caso Telecom) concessi ai lavoratori dipendenti per dedicarsi alle attività istituzionali.
Si sosteneva, tra le altre cose, che Attanasi ne avesse beneficiato senza però effettivamente esercitare il suo mandato amministrativo, con particolare riferimento alle commissioni consiliari tenutesi il 2 e il 9 agosto 2013 e al Consiglio comunale del 6 agosto dello stesso anno.
Il sostituto procuratore, Manuela Pellerino, esercita l’azione penale e fa notificare un’informazione di garanzia sia ad Attanasi che all’allora dirigente del Personale Francesco Taurisano, quest’ultimo per aver autorizzato i permessi relativi alle assenze dal lavoro del primo. Il reato ipotizzato è quello di concorso in truffa ai danni del Comune.
Attanasi, per il tramite dell’avvocato Andrisano, chiede di essere interrogato e i due, recuperata l’intera documentazione utile allo scopo, riescono facilmente a dimostrare l’infondatezza delle accuse. Tanto che, il 25 febbraio 2014, il pm chiede al giudice per le indagini preliminari, Paola Liaci, l’emissione del decreto di archiviazione sulla base dei seguenti presupposti: la presenza di Attanasi alle riunioni era stata provata mediante gli appositi registri delle presenze e, inoltre, lo stesso ex consigliere comunale aveva usufruito nel mese di agosto di sole 17 ore e 46 minuti di permessi a fronte delle 24 mensili che gli spettavano nella sua qualità di capogruppo e delle altre 24 nella sua qualità di consigliere. Il gip accoglie la richiesta della pubblica accusa e dispone l’archiviazione del procedimento in data 28 aprile 2015.
Il 22 giugno successivo, da prassi, Attanasi trasmette al sindaco Maurizio Bruno, al dirigente del Contenzioso e al dirigente della Ragioneria comunali la nota spese legali già sostenute. La risposta del segretario generale dell’ente gli arriva, tra capo e collo, il 31 luglio: «Nulla Le è dovuto. Distinti saluti”, con la sola citazione della Corte dei Conti per la Campania a sostegno della tesi.
Attanasi non ci sta e oggi ha controreplicato: «Ho registrato con amarezza e stupore la decisione del Comune di non voler provvedere al rimborso delle spese legali sostenute per un procedimento ingiusto da me affrontato con la serenità di chi ha sempre svolto il suo ruolo istituzionale i massimi impegno e abnegazione e che, un procedimento dal quale non a caso è uscito a testa alta dopo aver dimostrato la regolarità, la correttezza e la legittimità dei propri comportamenti. Mi rifiuto di accettare un simile trattamento – aggiunge – e mi rifiuto ancor più di credere, perché è questo purtroppo il messaggio implicito, che esistano amministratori di serie A e amministratori di serie B, poiché finora il Comune ha sempre riconosciuto le spese legali a quanti, nell’esercizio delle proprie funzioni, siano riusciti a dimostrare la propria innocenza. Sono stato sottoposto a procedimento per un reato da me non commesso – conclude – quando ricoprivo la carica di capogruppo del mio partito e di consigliere, quindi è abbastanza logico che quei soldi da me anticipati debbano essermi rimborsati».