Se avesse potuto scegliere, probabilmente non se ne sarebbe andato via così. O forse sì, preso da quel mare che tanto amava, ma non prima di aver salutato e rassicurato tutti: gli affetti di sempre, i suoi familiari, la sua promessa sposa, i suoi tantissimi amici. Con ciascuno di loro Massimiliano Memmola, 33 anni appena e un amore viscerale verso i suoi tanti interessi, aveva condiviso qualcosa di forte e di chiaro, qualcosa che nessuno potrà rimuovere, nonostante gli anni trascorrano frenetici e impassibili, noncuranti del tempo, delle fortune e delle sventure degli uomini.
Quel maledetto giorno, come tante altre volte quando era giù in licenza, Massimiliano aveva deciso di coltivare quella passione travolgente per la pesca subacquea che condivideva con il suo amico Emanuele De Stefano e con tanti altri sub provetti, ai quali dispensava consigli all’interno di un forum da lui aperto sul Web.
Località Mattarelle, secca della Livezza, al largo di Cerano, a Brindisi. Lì, Max ed Emanuele c’erano stati un sacco di altre volte e a casa erano tornati carichi di dentici e ricciole, trofei di pesca poi generosamente condivisi con parenti e amici, tra risate e leccate di baffi. Non così quel maledetto giorno, quando a un certo punto del pomeriggio Max non riaffiorava e non riaffiorava in superficie, con il suo amico che l’attendeva sul gommone per fare finalmente rientro a casa. Ore di apprensione e ricerche spasmodiche, con l’Adriatico che ci si è messo da sopra facendo i capricci, ingrossano la voce.
L’hanno trovato all’indomani, Max, avvolto nel filo del suo fucile, a circa dieci metri di profondità, i sommozzatori dei vigili del fuoco. Nessun errore da parte sua, esperto finanche di sicurezza in mare. Semplicemente – si fa presto a dirlo, ma semplice non è, non è stato, soprattutto da accettare – un malore, una sincope. Qualcosa che in acqua non ti dà scampo, specie se in quel momento ti trovi da solo, con l’ossigeno che manca e il cervello che si mette in stand-by.
Max, appena e già 12 mesi fa, se n’è andato così, all’improvviso. Senza dare l’ultimo buffetto ai suoi fratelli Andrea e Matteo, l’ultimo bacio alla sua ragazza Desirèe, le pacche sulle spalle ai commilitoni che, numerosissimi e commossi nonostante il rigido protocollo militare, quel torrido 3 luglio di un anno addietro hanno voluto tributargli ogni onore che si deve a un amico sincero e a un collega fidato.
Se n’è andato così, senza neppure abbracciare i suoi amati genitori Rosetta e Roberto, ai quali doveva molto del suo modo di essere e di essere benvoluto. Se n’è andato così, “Pizzicone”, lasciando un po’ in chiunque quel senso d’incompiuto e di sospensione di chi si attendeva da lui grandi cose. E, con la tenacia e la forza che si ritrovava, avesse potuto, li avrebbe accontentati uno ad uno.
Da 12 mesi a questa parte ne sono restati l’ingombrante ricordo e la rumorosa assenza. Il ricordo e quel groppo in gola per un figlio, un fidanzato, un amico, un sub e un soldato vissuto appena 33 anni. Intensi, ma pochi. Stasera alle 19 a San Domenico una messa in suo ricordo, perché dimenticarlo non si può.
Che le onde continuino a esserti lievi, Max.