Lo psicologo Luca Carbone, che si occupa anche di psicologia infantile, non si mostra particolarmente stupito di fronte al caso del ragazzino 13enne che, nei giorni scorsi, ha minacciato di lanciarsi dalla finestra della sua cameretta al terzo piano di una palazzina a Francavilla Fontana. Ma per fortuna è stato salvato dal pronto intervento dei carabinieri, che sono riusciti a farlo desistere dal suo intento suicida.
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Richiesto di un’opinione in merito, il professionista si è così pronunciato a grandi linee:
“Il numero di notizie di suicidio o tentato suicidio – dichiara – è radicalmente aumentato negli ultimi anni, con migliaia di casi registrati e un aumento di ben oltre il 10 per cento, quasi omogeneamente in tutte le fasce d’età”.
“L’adolescenza – prosegue l’esperto – è un periodo della vita di ciascuna persona caratterizzato da grandi rivoluzioni mentali e neurali. E, sebbene questi cambiamenti non necessariamente debbano portare a esiti tragici, costituiscono importanti fattori di variabilità soggettiva e talvolta anche di vulnerabilità nei confronti dell’odierno contesto sociale, tecnico e culturale”.
“Non conoscendo l’esperienza individuale del ragazzo e di chi gli sta intorno – prosegue – nulla si può dire nello specifico, ma trovo utile poter dare dei riferimenti generali rispetto all’esperienza dell’ideazione suicidaria e del suicidio: il suicidio è sempre l’espressione di un profondo dolore mentale, da qualunque situazione esso derivi. Esso non è mai un atto impulsivo, bensì è l’esito di una complessa interazione di fattori convergenti in una situazione soggettiva di vulnerabilità. Comprenderne le ragioni è fondamentale per la prevenzione e per offrire un supporto efficace”.
“Possiamo individuare quattro dimensioni tipiche dello stato mentale di chi pensa o mette in atto il suicidio – aggiunge Carbone – trasversali a tutte le condizioni soggettive di vulnerabilità, come potrebbe esserlo un forte isolamento sociale, un disturbo mentale, l’abuso di sostanze ed altre situazioni di questo tipo. La prima dimensione è la fuga dal dolore. laddove il dolore non è un semplice stato di tristezza, ma una angoscia pervasiva in ogni aspetto della vita della persona. La seconda dimensione è la perdita di speranza: quando la persona non vede alcuna possibilità di miglioramento, si sente intrappolata in un vicolo cieco. Poi ci sono i sentimenti di colpa e di vergogna dovuti a traumi personali, standard personali rigidi o irrealistici o giudizi severi verso azioni che sono state compiute. In ultimo, l’isolamento sociale: la mancanza di interazioni sociali significative e di supporto emotivo, perdere il contatto con la realtà e sentirsi incapace di affrontare le proprie difficoltà, possono aumentare notevolmente il rischio di suicidio”.
“Queste dimensioni dell’esistenza umana potrebbero verificarsi nella vita di chiunque, potenzialmente, perciò è importante superare ogni stigma: il suicidio o il tentato suicidio sono espressioni di un profondo dolore, che ha bisogno di essere di essere accolto con un atteggiamento di cura e presa in carico. Bisogna promuovere la conoscenza di questa realtà mentale ed emotiva per attivarsi nella cura e per sostenere nella richiesta di aiuto chi ne ha bisogno”, conclude lo psicologo.