Una Giornata della Memoria particolare: non solo Shoah ma anche prigionieri post armistizio, tanti spunti di riflessione da questo 27 gennaio 2025

Quella di quest’anno è stata nel Brindisino una Giornata della Memoria un po’ insolita, nel senso che non si è parlato soltanto dell’Olocausto ma anche di una tragedia per troppo tempo sottaciuta: quella degli Internati militari italiani (Imi) dopo l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943.

Se n’è parlato, in particolare, domenica 26 gennaio a #Oria nel corso di una partecipatissima iniziativa organizzata dal Gruppo di promozione umana e patrocinata dall’amministrazione comunale del sindaco Cosimo Ferretti (assessora Imma Tochiani), e a Erchie lunedì 27 gennaio nel corso di un’altrettanto interessante iniziativa organizzata dall’amministrazione comunale del sindaco Giuseppe Margheriti (assessora Chiara Saracino).


Sono state due occasioni per illustrare il prezioso lavoro di ricerca condotto dal cavalier Francesco Arpa su coloro i quali – internati militari, partigiani e sbandati – ripudiarono per sempre la guerra quando gli fu chiesto se intendessero schierarsi ancora con i nazi-fascisti. Come “premio” ricevettero l’internamento nei lager tedeschi, campi di lavoro per contribuire all’industria – compresa quella bellica – e all’economia del Terzo Reich.

Il lavoro minuzioso di Arpa, partito mesi addietro, ha consentito di rintracciare nei meandri della storia centinaia di soldati, partigiani e sbandati brindisini – con un particolare focus su Oria ed Erchie, ma ve ne sono ovunque – finiti prigionieri dei nazisti. “Il termine internati militari fu coniato da Hitler ed è molto spesso inappropriato – ha spiegato il cavaliere – perché sarebbe più corretto parlare di prigionieri italiani, non soltanto militari”.

In un passaggio, Arpa ha anche tenuto a spiegare come storicamente non sempre gli stessi partigiani si siano poi, nella vita democratica dello Stato, sempre schierati a sinistra ma che si siano distribuiti anche in forze politiche insospettabili di destra: “Erano stanchi della guerra e quindi scelsero di combattere contro i fautori di quella guerra – ha raccontato – anche a prescindere dagli ideali, si trattava fondamentalmente di gente che voleva tornare a casa e ricongiungersi coi parenti. Le sacche maggiori della Resistenza si registrarono al Centro-Nord Italia dove più forte era la pressione di nazisti e fascisti, ma nel corso della mia ricerca mi sono imbattuto in diversi partigiani meridionali riconosciuti come tali dallo Stato italiano, che non a caso concesse loro dei benefici per aver combattuto contro gli oppressori e sono a tutt’oggi considerati combattenti per la libertà d’Italia”.

Per quanto concerne Oria, Arpa ha anche redatto un libricino – “Un tuffo nella StOria – a futura memoria contentente i risultati dei suoi – ancora non definitivi, nei numeri – studi. Nel senso che i 203 prigionieri post armistizio di Oria potrebbero essere anche di più e che di più potrebbero essere anche quelli di Erchie (ad oggi circa 75).

Ad Oria sono intervenuti il professor Giuseppe Patisso, ordinario di Storia contemporanea all’Università del Salento; Katiuscia Di Rocco, direttrice della biblioteca “A. De Leo” di Brindisi; Mina Nardelli, docente secondaria di primo grado scuola San Francesco (Terzo comprensivo) di Francavilla Fontana; Massimiliano Italiano, storico militare. A Erchie è intervenuto, oltre all’autore dello studio, il professor Francesco Isolani (storico). Notevoli, nel caso di Erchie gli intermezzi musicali degli alunni del professor Fedele Gennaro.

Sia durante l’iniziativa tenutasi a Oria, sia durante quella tenutasi a Erchie sono stati consegnati ai congiunti degli Imi attestati cartacei di gratitudine da parte delle comunità d’appartenenza.

Al Nuovo Teatro Verdi di Brindisi, inoltre, nella mattinata di lunedì 27 gennaio, il prefetto Luigi Carnevale ha consegnato 24 diplomi e medaglie d’onore ai familiari degli Internati militari italiani. Altri ne arriveranno in futuro, giacché il Parlamento ha istituito ufficialmente una giornata loro dedicata, che ricadrà ogni anno il 20 settembre. Con ciò, slegandosi dalla Giornata della Memoria, nella quale questa altra tipologia di prigionieri è stata finora compresa.

Si stima che i cosiddetti Imi (Internati militari italiani, per l’appunto) siano stati complessivamente circa 650mila. Se avessero scelto di schierarsi con Mussolino o Hitler dopo l’armistizio, avrebbero potuto essere in grado – quantomeno nei numeri – di ribaltare l’esito della Seconda guerra mondiale. Invece lottarono per la libertà e, seppur tra mille soprusi, se la presero: subendo vessazioni indicibili e lavorando durissimo per non morire; oppure, con la forza, lottando persino corpo a corpo col nemico. Sospinti da un ideale che si chiamava “casa”, che si chiamò Patria.

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