Auto in panne e donna travolta in superstrada: omicidio stradale, conducente condannato a tre anni di reclusione

Tre anni di carcere per omicidio stradale, oltre al pagamento delle spese processuali e dei danni alle parti civili. Questa la pena inflitta l’altro ieri in primo grado dalla giudice monocratica del Tribunale di Brindisi Anna Guidone a un 41enne della provincia di Napoli che sei anni fa provocò un incidente in cui perse la vita la 48enne Annamaria Daniele, originaria di Bari e residente a Mesagne.

È stata accolta la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero Francesco Carluccio. Marito, figlia, sorella e madre della vittima erano costituite a giudizio con l’avvocato Giuseppe MIlli del Foro di Lecce.

I fatti finiti a processo risalgono al 24 ottobre 2018. Daniele percorreva la superstrada Taranto – Brindisi in direzione Brindisi quando intorno alle 20, in prossimità di uno degli svincoli per Mesagne, rimase in panne con la sua Fiat Punto. La donna, in preda al panico, accosto più che poteva per poi fermarsi – con le quattro frecce – nella corsia d’emergenza laterale (non una piazzola di sosta). Chiamò sua figlia per metterla al corrente del problema e poi anche l’elettrauto affinché la raggiungesse. Fu poi chiamata dal marito, medico che quel giorno era al lavoro in un ospedale del Leccese: a lui spiegò di avere paura di essere travolta dalle tante auto in transito. La voce del coniuge fu l’ultima che ascoltò. L’orologio segnava le 20.25 e i due erano ancora al telefono, quando sopraggiunse da tergo a tutta velocità l’Audi Q3 condotta proprio dal 41enne campano. L’impatto fu violentissimo e per la conducente non ci fu niente da fare, morì sul colpo. Il marito ascoltò le sue grida ultime grida di terrore e dolore: “Oh, mio Dio”. Poi più nulla.

Dopo aver centrato in pieno la Punto, l’Audi si ribaltò e atterrò su di una Dacia Sandero, il cui conducente rimase ferito. Finì in ospedale anche il conducente dell’Audi, cui i carabinieri sequestrarono il telefono. Sia il 41enne napoletano, sia il conducente della Dacia se la cavarono. Ne nacque un’indagine complessa e, dopo l’udienza preliminare dell’1 ottobre 2019, si giunse infine a processo. Ipotesi di reato, riqualificata a seguito di indagini difensive da parte dell’avvocato di parte civile Milli, omicidio stradale aggravato perché “ponendosi alla guida dell’autovettura Audi Q3, percorreva la SS 7 Taranto-Brindisi in direzione Brindisi in orario notturno quando, per colpa generica costituita in negligenza, imprudenza ed imperizia e per colpa specifica in violazione di norme del Codice della Strada (artt 140,142, 143 e 157 del decreto legislativo n 285/1992 e segnatamente; per aver tenuto una velocità pari o prossima a 160 Km/h superiori (più di 50 Km/h) rispetto al limite consentito di 90 Km/h (violazione art 142); per non aver circolato nella parte destra della carreggiata ed in particolare del margine destro della medesima e per avere quindi invaso una zona destinata alla sosta di emergenza dei veicoli (violazione art 143 comma 1); per non aver fatto uso dei proiettori abbaglianti nonostante la scarsa visibilità notturna ( violazione art 153); per non aver adottato una condotta di guida tale da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo da salvaguardare, in ogni caso, la sicurezza stradale ( violazione art 140 comma 1) ed in tal modo collideva con il veicolo Fiat Punto targato ferma per un guasto sulla corsia di emergenza ed a bordo della quale prendeva posto , al lato guida, Daniele Annamaria , cagionandone la morte”. 
Dopo tutta una serie di udienze, l’altro ieri il verdetto: tre anni di reclusione, spese e danni biologici e patrimoniali (da quantificare in sede civile). Una volta depositata la motivazione – riserva in 90 giorni – la difesa dell’imputato potrà ricorrere in appello.

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