L’apertura al pubblico del castello è un diritto acquisito e non negoziabile. Dopo la promessa d’impegno da parte del vice premier Matteo Salvini, che nei giorni scorsi è stato a Oria, s’impennano le speranze che i proprietari del maniero possano in qualche modo essere persuasi o “costretti” a riaprire i battenti. Nei giorni scorsi, un docente in pensioni nonché storico locale, Giuseppe D’Amico, ha protocollato in Comune alcune sue osservazioni. Il titolo dello scritto è tutto un programma: “Il vilipeso diritto di visita alle torri del castello svevo”.
D’Amico trae spunto dalle osservazioni di un altro cittadino ed ex dipendente comunale, Cosimo Schirinzi, che il 12 giugno scorso, a seguito di ricerche, ha fatto notare come fino al 2007 sia stato consentito ininterrottamente a oritani e forestieri di visitare le torri del monumento non “per magnanimità” ma secondo gli accordi intercorsi tra il Comune e i Martini-Carissimo (precedenti proprietari) sin dalla permuta tra lo stesso e Palazzo Martini.
“Questo permesso – scrive il prof – non è mai stato inficiato, né contraddetto, né sospeso con altre delibere o norme intercorse tra il Comune e i conti Martini Carissimo (…) e dunque non è venuto meno nemmeno quando il Castello è stato venduto alla famiglia Caliandro-Romanin, motivo per cui il divieto di accesso alle torri, operato da questi nuovi proprietari, è un gravissimo illecito o meglio è un frustrante e mortificante schiaffo morale che la nostra città sta ricevendo ormai da diversi anni”.
“Sta ora alle Autorità comunali – prosegue – prendere le necessarie iniziative legali atte e far ripristinare questo diritto di visita alle torri e la cui misconoscenza ha creato e continua a creare un gravissimo danno al turismo e all’economia cittadina”. “Del resto – conclude – il diritto di visita alle torri non dipende dalla richiesta dei Romanin di far diventare il castello un lussuoso ristorante o un resort di prim’ordine. Sono due cose diverse e per nulla interdipendenti”.
Franco Arpa, poliziotto in pensione, blogger e appassionato di storia locale, ha scritto direttamente al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e, per conoscenza, a Salvini, al Ministero della Cultura e alla Soprintendenza Belle arti e paesaggio Lecce-Brindisi. Dopo aver accennato alla visita di Salvini e ai suoi propositi, Arpa ha fatto un excursus storico e contemporaneo circa la condizione del castello per poi concentrarsi sulla collezione di 793 “preziosi reperti” della collezione archeologica “Martini – Carissimo”.
Arpa indica a sostegno del diritto di fruizione pubblica una scala esterna in conci di tufo realizzata dal Comune e addossata alla Torre del Cavaliere in un’area che era e che è tuttora di proprietà comunale.
Inoltre, scrive: “Molto stranamente nei vari atti relativi alla permuta castello/palazzo Martini non si rileva alcuna citazione circa la presenza della cripta dei Santi Crisante e Daria nella piazza d’armi del maniero. Tale omissione (o distrazione) non può comunque giustificare la sottrazione di tale importante bene culturale alla fruibilità pubblica”. Infine, ricorda come già negli anni passati la Regione Puglia abbia chiesto alla Soprintendenza di riconoscere il castello come monumento d’interesse eccezionale e, in quanto tale, assoggettabile a visita del pubblico per scopi culturali. Si vedrà se Salvini darà seguito a quella sorta di promessa fatta in una calda serata d’inizio estate, dopo aver mangiato bombette e bevuto del buon primitivo.
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