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Sognava una casa in campagna, ha ottenuto otto anni di cause (tutte vinte): cittadina chiede al Comune permesso di costruire e 200mila euro

Dal sogno di una tranquilla casa in campagna all’incubo di un contenzioso che non finisce mai. Dopo aver incassato tutta una serie di vittorie dinanzi sia al Tar che al Consiglio di Stato e dinanzi all’ennesimo diniego di un permesso di costruire che – secondo i giudici amministrativi – le spetterebbe eccome, una donna di Oria ha chiesto anche la condanna del Comune a un risarcimento danni per 200mila euro “o nella misura maggiore che sarà dimostrata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge”. L’ente, nel frattempo, ha speso in otto anni diverse migliaia di euro per difendersi e in spese di giudizio: finora ha sempre perso.

Il progetto per la realizzazione a titolo oneroso (pagando gli oneri concessori) di un fabbricato rurale funzionale allo sviluppo agricolo del fondo, ossia una “casa colonica con deposito attrezzi agricoli” fu presentato il 27 dicembre 2016. Circa 90 metri quadri su terreni per circa 9mila. Non chiese di realizzarla a titolo gratuito non disponendo del requisito soggettivo di imprenditrice agricola a titolo principale. Il Comune chiese integrazioni documentali e furono prodotte, corredate da autorizzazione paesaggistica con prescrizioni della Commissione per il paesaggio e della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici Lecce-Brindisi-Taranto.

Il Comune non rilasciò il permesso, sospese la pratica e chiese un parere alla Regione (per cui non c’erano problemi) senza però poi comunicarlo all’interessata. Da quel momento in poi cominciò il ping pong giudiziario. In più occasioni i giudici amministrativi intimarono al Comune di decidere se concedere o meno il permesso di costruire. Solo due anni dopo l’ente contestò la conformità urbanistica ed edilizia, una volumetria superiore a quella consentita, la carenza di documentazione (pur presentata a integrazione).

Nuovo ricorso della richiedente e nuovo accoglimento totale del Tar (con sentenza passata in giudicato): era tutto in regola. Ne sono seguiti solleciti al Comune, che però ha continuato a nicchiare. Con un’altra sentenza del 2022 il Comune è stato obbligato a riesaminare l’istanza della ricorrente e condannato a pagare spese per 2.500 euro oltre ad accessori di legge e al rimborso del contributo unificato. L’avvocato della signora – Antonio Micolani del Foro di Lecce, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio – ha promosso giudizio di ottemperanza al giudicato, ma pochi giorni prima della Camera di consiglio fissata dal Tar il Comune ha rigettato per la quarta volta l’istanza di permesso di costruire contestando il diritto di edificare per carenza della certificazione circa la conduzione del fondo agricolo (partita Iva agricola aperta nel 2019).

Il legale di parte ha dovuto procedere coi motivi aggiunti e contesta la nullità oltre che l’infondatezza del nuovo rigetto perché non poteva più pronunciarsi sulla stessa avendo esaurito la sua doppia possibilità di farlo. Si chiede ora al Comune al Tar d’intimare al Comune di eseguire la sentenza del 2022 entro 15 giorni, oltre all’annullamento di qualsiasi atto ostativo al rilascio del permesso di costruire. Inoltre, il legale chiede la trasmissione della sentenza alla Procura presso la Corte dei Conti perché in tutti questi anni il Comune, che nel frattempo ha incaricato un nuovo avvocato per interessarsi del caso, di soldi pubblici ne ha spesi un bel po’ trasformando, di fatto, quel sogno di una casa in campagna in un vero e proprio incubo con le carte bollate a far da sfondo. Sarà l’ultima tappa di questa Odissea?

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