Il capannone delle supercar andate a fuoco era abusivo e dovrà essere demolito. Sul finire dello scorso mese di marzo, a Oria, un incendio distrusse ben cinque auto lussuosissime: due Ferrari, altrettante Mercedes e una Porsche di proprietà di un imprenditore di Manduria (Taranto) residente al Nord. I bolidi – dal valore di circa un milione e mezzo di euro – erano semplicemente parcheggiati in quel capannone industriale riconducibile a imprenditori oritani e intestato a una donna.
Gli accertamenti dei carabinieri, dei vigili del fuoco e della polizia locale fecero emergere come l’immobile – circa 105 metri quadri in coibentato e intelaiato con cavi metallici – fosse stato realizzato in zona agricola e sottoposta a vincolo (coni visuali) senz’alcuna autorizzazione da parte del Comune. Di qui l’intimazione alla proprietaria, da parte del responsabile dell’Ufficio tecnico architetto Antonio Dattis, di procedere entro 90 giorni al ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione. Se non vi provvederà la proprietaria, lo farà il Comune a spese della proprietaria (che comunque potrà chiedere un permesso di costruire in sanatoria entro 90 giorni o presentare ricorso entro 60 giorni).
Erano le ore 22 dello 19 marzo quando le fiamme si svilupparono nell’autorimessa in contrada Salinelle, lungo la direttrice Santuario di San Cosimo alla Macchia.
Cosa sia accaduto di preciso, quella notte, è ancora da accertare. Ciò ch’è certo, invece, è che in quel garage vi fosse almeno un veicolo ad alimentazione elettrica tenuto in carica: non si esclude che il problema possa essere, in qualche modo, riconducibile a questioni di corrente.
D’altra parte, anche una delle sportive distrutte dalle fiamme – una Ferrari 296 GTB – era ibrida (benzina/elettrico) e potrebbe essere stata collegata a una presa dell’impianto da cui è servito lo stabile. L’innesco del rogo, insomma, potrebbe essere partito proprio da lì. Quella non rappresentava, peraltro, l’unica quattro-ruote della rinomata casa di Maranello presente. Oltre alla 296 GTB ibrida, c’era in quel box anche una Ferrari SF90 Spider. Strano a dirsi, ma il pezzo pregiato della flotta non era né la prima né la seconda fuoriserie del Cavallino Rampante. C’era di più e, almeno in un caso, probabilmente di meglio.
Il fuoco, infatti, divorò anche una rarissima e costosissima Mercedes SL del 1957 (Pagoda): un vero e proprio gioiellino con pochi eguali in giro, per accaparrarsi il quale i facoltosi appassionati sono disposti a scucire fior di quattrini.
Vi erano poi anche delle più “umili” Mercedes SL 63 AMG e Porsche Carrera 911 GTS.
Il totale, tra un modello e l’altro, fa circa un milione e mezzo di euro. Davvero niente male. Solo che quel valore, nel breve volgere di poche ore, si tramutò in danno.
Neppure il tempestivo intervento dei vigili del fuoco, giunti da Francavilla Fontana e Brindisi, consentì quella sera di salvare almeno una di quelle auto – possibili per pochissimi, a maggior ragione tutte insieme – costate all’imprenditore manduriano un occhio della testa.
Sul posto, oltre ai pompieri, erano giunti i carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana e i colleghi della Stazione di Oria. I rilievi dei militari, anche sulla scorta di quanto riferito dagli addetti allo spegnimento, condussero sin da subito a escludere l’ipotesi di un gesto doloso, sebbene le indagini proseguirono e – a quanto pare – fecero emergere altre presunte irregolarità.
Considerata la cospicuità dei danni, però, si continua peraltro a indagare per comprendere l’origine di quell’inferno scoppiato all’improvviso in una quieta – ma ventosa – nottata di fine inverno. E no, a dispetto di quanto pure si era immaginato – nonostante la ricorrenza – non si era affatto trattato di una fòcara o di un falò in onore di San Giuseppe. E no, non era fatto di preghiere – anzi, di esclamazioni di ben altro e opposto tenore – tutto quel vociare concitato intorno al capannone dal contenuto extra-lusso.