Due colpi esplosi, solo uno dei quali mortale: il 19enne Paolo Stasi morì a causa di un proiettile che gli perforò il cuore. Nel corso dell’udienza di ieri in Corte d’Assise a Brindisi, è stato ascoltato in qualità di teste il medico legale Raffaele Giorgetti, che a suo tempo eseguì l’autopsia sul corpo di Stasi e ne rilevò due ferite d’arma da fuoco.
Distanza ravvicinata, piccolo calibro
Gli spari partirono da una pistola di piccolo calibro puntata a distanza ravvicinata – almeno 40 centimetri – con traiettoria dall’alto verso il basso. L’accusa a carico dei presunti correi è di omicidio premeditato: il 22enne Cristian Candita ne risponde dinanzi alla giustizia ordinaria, mentre il 19enne Luigi Borracino dinanzi al al Tribunale per i minori di Lecce (non aveva ancora compiuto 18 anni al momento dei fatti); entrambi sono difesi dall’avvocato Maurizio Campanino del Foro di Taranto.
9 novembre 2022
Era il 9 novembre 2022, dopo le 17.30. Stasi scese da casa sua in un appartamento al primo piano di via Occhibianchi per incontrare qualcuno. Sull’uscio di casa, poco sotto la rampa delle scale, si ritrovò a tu per tu col suo assassino, che non gli lasciò scampo: fu freddato da due spari in rapida successione. Quando fece per rientrare, si ritrovò all’imbocco della scalinata suo padre Giuseppe, che – come riferito nella precedente udienza – aveva immaginato fossero esplosi dei petardi, poi vide il figlio come se si stesse sentendo male. Il genitore, quando Paolo si accasciò, chiamò immediatamente i soccorsi. Per il 19enne non ci fu però nulla da fare.
Le indagini
Nel frattempo, partì la caccia al suo esecutore, che si dileguò. Le indagini dei carabinieri in forza al Nucleo investigativo di Brindisi e alla Compagnia di Francavilla Fontana furono lunghe e difficoltose. Ne emerse un giro di droga nel quale anche Paolo e sua madre Nunzia D’Errico – a processo per stupefacenti, difesa dall’avvocato Francesco Monopoli – pare fossero coinvolti insieme con altre persone, compresi Borracino e Candita.
Il movente
Il movente dell’omicidio fu individuato proprio in un debito di droga – circa 5mila euro – che Paolo e sua madre avevano contratto con Borracino: Stasi e D’Errico, oltre a custodire e confezionare la droga, pare ne facessero uso e non sempre corrispondessero il dovuto al loro fornitore.
I militari dell’Arma risalirono quindi non solo a Borracino, che di lì a qualche giorno avrebbe festeggiato per aver raggiunto la maggiore età, ma anche al suo presunto complice Candita. Sarebbe stato quest’ultimo, infatti, ad aver accompagnato Borracino sul luogo del delitto a bordo di una Fiat Punto di colore nero dai vetri posteriori oscurati (e Borracino sedeva dietro).
La premeditazione
Secondo la pubblica accusa, sostenuta dal sostituto procuratore Giuseppe De Nozza, i due avrebbero premeditato l’omicidio anche perché – stando a quanto emerso dalle indagini – nei giorni precedenti avrebbero effettuato almeno un sopralluogo in via Occhibianchi. Lo scorso ottobre, Borracino ha ammesso di aver materialmente ucciso Stasi ma di aver agito d’impeto e senza l’intenzione di uccidere, quindi senza premeditazione. Lo scopo – a suo dire – era quello di lanciare un avvertimento forte all’amico e presunto collega di spaccio affinché gli saldasse il debito. Sono costituite a processo quali parti civili il padre di Paolo, la madre e la sorella Vanessa, tutti rappresentati dall’avvocato Domenico Attanasi.