Non tentata estorsione, ma esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Il Tribunale del Riesame di Lecce ha rimesso in libertà le tre persone arrestate lo scorso 6 febbraio indagate – era la tesi dell’accusa – per aver preteso sotto minaccia lavori gratis da un imprenditore edile di Mesagne, che aveva denunciato tutto alla polizia. Sono quindi ora indagati a piede libero, ma per il reato minore, il 37enne Costanzo Franco di Villa Castelli, il 20enne Samuele Chiloiro di San Marzano di San Giuseppe e il 38enne Fabio Belfiore di Francavilla Fontana.
I tre sono difesi dagli avvocati Fabio Falco, Egidio Albanese e Leonardo Lanucara – tutti del Foto di Taranto – che hanno prodotto ai giudici documentazione utile a far loro inquadrare meglio la situazione, e in primis la prova che una parte dei lavori edili commissionati, ma non ancora completati, era stata realmente pagata a Franco.
È caduto in questo modo il presupposto dell’ingiusto profitto necessario per la configurazione del reato di estorsione (in questo caso solo tentata). La motivazione sarà depositata entro 45 giorni, ma intanto – considerata la riqualificazione del campo d’imputazione – i tre non sono più sottoposti a misura cautelare.
L’ordinanza di custodia, emessa dalla gip del Tribunale di Brindisi Stefania De Angelis su richiesta del sostituto procuratore Mauron Gallone, era stato eseguito dalla polizia di Stato del Commissariato di Mesagne. Il 18 dicembre 2023, l’imprenditore edile raccontò ai poliziotti di essere stato contattato ripetutamente da Franco per eseguire opere edilizie senza però che gli fosse corrisposto alcun compenso.
Così, l’imprenditore avrebbe cominciato a prendere le distanze dal committente, tanto non rispondergli al telefono e da rifiutargli le chiamate. Franco, allora, decise di ricorrere a un trucco: fece chiamare l’imprenditore edile da un altro numero di telefono a lui sconosciuto. Il destinatario della chiamata in quest’occasione rispose e gli si chiese se fosse disponibile a effettuare un sopralluogo per la futura realizzazione di un lavoro.
Il 13 dicembre, gli fu dato appuntamento tra le campagne di Francavilla Fontana, luogo che raggiunse intorno alle 16 del 13 dicembre. Qui trovò ad attenderlo un uomo in un furgoncino, che gli fece cenno di seguirlo. I due si recarono tra le campagne di Villa Castelli, dove vi erano altre cinque persone (due non ancora identificate) che li aspettavano.
Il sospetto di un’imboscata fu forte e infatti l’imprenditore si trovò di fronte Franco e amici, i quali gli fecero presente come fosse opportuno che terminasse quanto prima i lavori iniziati nella villa di campagna di Franco in contrada San Barbato a Villa Castelli. Secondo il racconto dell’imprenditore sarebbe anche spuntata un’arma, forse due.
L’imprenditore disse che avrebbe ripreso il lavori il 18 dicembre – e fu lasciato libero di andarsene – invece si presento negli uffici di polizia. Sostenne ci fosse da completare un piazzale dal costo di circa 30mila euro che non gli si volevano pagare.
Franco ha riferito di aver pagato puntualmente i lavori già eseguiti dal denunciante e di non aver assolutamente fatto ricorso a intimidazioni nei suoi confronti neppure durante quell’incontro tra le campagne di Villa Castelli.
In più, lo stesso Franco ha prodotto documentazione fiscale e contabile (ricevute dei bonifici) per dimostrare quanto da lui asserito. L’indagato ha rappresentato alla giudice come le ragioni della sua fretta – affinché i lavori fossero conclusi quanto prima – risiedessero nella necessità di far trasferire a Villa Castelli la sua famiglia, oggi residente all’estero.
Belfiore, amico intimo di Franco, ha detto di essere stato presente a quel famigerato incontro, ma di non aver percepito né minacce (e tantomeno la presenza di una pistola) nei confronti dell’imprenditore né timore da parte di quest’ultimo. Franco e Belfiore si conoscono da tempo per via della comune passione per i cavalli ed escono anche assieme. Per il Riesame, fu esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Tutti di nuovo liberi.
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