di Eliseo Zanzarelli
Dunque, dov’eravamo rimasti? Ah, sì, al Je suis Charlie, con ovvia pronuncia alla francese che fa più chic, o al #jesuischarlie per dirla modernamente e cool, ovviamente con l’hashtag incorporato. Viva, anzi “W”, la libertà d’opinione, guai a chi attacca la libertà di stampa. Sia chiaro: noi non eravamo e non siamo Charlie, ma per noi Charlie aveva e ha diritto di esistere, così come chi di Charlie era ieri l’anima in senso figurato e oggi, purtroppo, ne è l’anima in senso stretto. Tutti con Charlie, solo che poi…
Se tutto l’Occidente, con la Francia in primis, si è schierato dalla parte di Charlie – trascurando l’eccidio da forse 2mila vittime firmato Boko Haram, quindi anch’esso di matrice islamista, in Nigeria – noi, molto più umilmente e senza proclami, ci schieriamo dalla parte di tutti, compreso chi, anche qui, predica e pratica la libertà d’espressione. E contro chi, in un modo qualsiasi, vi si mette di traverso.
Ci riferiamo, in particolare, al caso del consigliere comunale di Francavilla Antonio Camarda e del sindacalista Antonio De Franco, entrambi esponenti del movimento Noi Ci Siamo, i quali sono stati querelati per diffamazione aggravata da Irene Milone, legale rappresentante del Consorzio Nuvola, che gestisce lo Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo) a Francavilla Fontana. E poi anche dal consigliere regionale e comunale Euprepio Curto.
Camarda e De Franco, nelle loro qualità di esponenti politici e prim’ancora di liberi cittadini, hanno nei giorni scorsi – a maggior ragione, dopo l’inchiesta su Mafia Capitale – puntato la lente d’ingrandimento sui finanziamenti e sulla gestione dell’importante servizio di accoglienza e integrazione che, in modo puntuale come sempre, il Consorzio Nuvola ha offerto non solo ai richiedenti asilo, ma all’intera comunità, chiedendo giustamente in cambio all’intera comunità, per il tramite del Comune e in ossequio alla normativa, un contributo economico.
Contributo economico che è stato regolarmente concesso, al quale Camarda – forte anche del suo potere ispettivo, prerogativa dei consiglieri comunali – e De Franco hanno prestato particolare attenzione, chiedendo ogni controllo affinché a Francavilla si potessero scongiurare accadimenti simili a quelli di Roma, dove il “re” delle coop rosse Salvatore Buzzi – arrestato il 3 dicembre 2014 – d’accordo anche i “neri” di Massimo Carminati, con i migranti faceva grandi affari. In un’intercettazione telefonica dei carabinieri, alla sua collaboratrice Pierina Chiaravalle dice: «[…] Tu c’hai idea de quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico de droga rende meno…».
Sulla base di queste premesse, in via cautelativa e nonostante il parere contrario di alcuni colleghi, il consigliere Camarda – supportato dal suo movimento d’appartenenza, nei cui ranghi figura pure De Franco – ha caldeggiato l’avvio di un’ispezione fisica e documentale da parte della commissione consiliare competente, ossia quella Servizi sociali, nell’interesse della collettività.
Un interessamento a seguito del quale – se da esso prodotto o se suggerito spontaneamente dallo stesso Consorzio Nuvola, come sostenuto da Milone, in questa sede non importa – la quota di finanziamento in favore dello Sprar (il Comune vi partecipa fornendo assistenti sociali) è scesa di un terzo rispetto alle originari previsioni. Soldi risparmiati dallo Stato e dunque anche dal Comune, soldi risparmiati da ogni francavillese. Non a caso, il consigliere Camarda ne ha gioito, arrogandosene i pur legittimi meriti politici.
Sia chiaro e a scanso di equivoci e rappresaglie: fino a prova del contrario, fondiamo ogni ragionamento presupponendo la buona fede dei protagonisti, quindi tanto del consigliere Camarda quanto del ragioniere De Franco e del Consorzio Nuvola, a tutti i quali, non a caso, qui sono stati sono offerte voce e visibilità.
Dopodiché, nel caso di specie e propugnando da sempre le libertà di pensiero, parola, espressione e stampa – senza le quali Lo Strillone non potrebbe neppure esistere – ci schieriamo dalla parte dei querelati (e una querela è una semplice querela, non certo una condanna) perché, in fondo, a loro abbiamo creduto e dato spazio così come crediamo fermamente nell’onestà del Consorzio Nuvola.
Siamo però altrettanto fermamente convinti ci siano modi e modi per affermare un concetto, per difendersi da accuse o illazioni. L’ultimo che conosciamo è quello d’interpellare la Procura, di querelare per reati d’opinione, almeno per due motivi: primo, perché ci sembra qualcosa di odioso e spesso pretestuoso; secondo, perché la giustizia italiana è già quotidianamente alle prese con quisquilie che finiscono per intasarne le aule e renderne bibliche le tempistiche, specie nei casi davvero gravi che, non di rado e a tutto danno delle parti realmente offese, rischiano di prescriversi.
Al di là di queste considerazioni spicce e tornando al discorso iniziale, noi non siamo Charlie, ma ogni giorno ci battiamo – con tutte le difficoltà del caso e riparandoci, talvolta lancia in resta – per le libertà di cronaca e critica. Nostre e degli altri. Questo che abbiamo voluto stigmatizzare non è che un singolo caso, ma d’ora in poi staremo attenti a evidenziarli tutti. Siamo sempre in buona fede o, perlomeno, cerchiamo di esserlo, e speriamo di non doverci lasciare le penne – come purtroppo accaduto altrove – prima di essere creduti. E rispettati.