Nel caos israelo-palestinese anche francavillesi in pellegrinaggio, Daniela: “Pregavamo al Getsemani, poi la sirena antiaerea e la rapida fuga in hotel”

C’erano anche degli italiani – circa 130mila – quando nei giorni scorsi Israele è tornato un posto poco sicuro per gli autoctoni e anche per i turisti. Nelle fila degli italiani, anche pugliesi: na pattuglia di circa 70 persone, organizzatesi per un pellegrinaggio in Terra Santa dalle province di Taranto e Brindisi, si trovavano proprio a Gerusalemme quando Hamas ha cominciato ad attaccare.

Tra loro vi era anche la 53enne di Francavilla Fontana Daniela Sardiello (sorella del compianto gelataio Lillino) parrucchiera in via Regina Elena. “Eravamo intenti a pregare sul Monte degli Ulivi quando abbiamo udito forte e stridulo il suono della sirena antiaerea: inizialmente, non sapevamo nemmeno cosa fosse ma poi è stato tutto un susseguirsi di soldati, colpi di mitra e contraerea per fermare i razzi che piovevano dal cielo”. Da lì il ritorno precipitoso in hotel per proteggersi dalle esplosioni.

Daniela è tornata martedì scorso a Pratica di Mare (Pomezia, Roma) su un volo dell’Aeronautica italiana, ma come tutti gli altri ha avuto paura: “Quando siamo arrivati in Israele era tutto tranquillo, pieno di turisti anche se l’esercito è sempre presente. Si festeggiava il Capodanno ebraico e non potevamo immaginare neppure minimamente ciò che sarebbe accaduto di lì a poco”.

“Non lontano dal Monte degli Ulivi c’era un gruppo di palestinesi – prosegue – ma ci hanno lasciati tranquilli, soltanto una donna minacciava con un coltello i militari israeliani. Noi poi siamo subito tornati nel nostro albergo, dove osservavamo Gerusalemme dall’alto in un silenzio irreale squarciato dalle sirene antiaeree e delle ambulanze”.

È trascorso qualche giorno e, siccome la situazione sembrava più tranquilla, il gruppo di pellegrini pugliesi ha ricominciato la sua escursione con il percorso della Via Crucis di Gesù ma l’ansia si respirava eccome un po’ ovunque.

L’ulteriore escalation del conflitto ha indotto infine al rimpatrio: “Oltre a noi c’erano tanti ebrei ortodossi con enormi valigie, come se stessero fuggendo intere famiglie. Chi non voleva andarsene faceva ampio utilizzo dei bunker sotterranei”.

Insomma, un’esperienza certamente indimenticabile, per Daniela e i suoi compagni di viaggio, e non soltanto per ragioni attinenti la fede ma anche e soprattutto per quella costante sensazione di timore che da un certo punto in poi li ha presi per mano fino all’atterraggio sul suolo patrio.

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