Il capo d’imputazione “parlava” chiaro: maltrattamenti contro i familiari.
Dopo la condanna in primo grado a due anni e sei mesi, arriva la conferma anche in secondo grado per un 37enne di Torre Santa Susanna resosi protagonista nel tempo di condotte più che discutibile nei confronti della moglie e dei familiari di lei.
La Corte d’Appello di Lecce, presidente Carlo Errico, ha confermato la pena inflitta all’uomo già dal giudice Federico Sergi del Tribunale di Brindisi. L’ormai ex moglie dell’uomo condannato è stata assistita dall’avvocato Michele Iaia del Foro di Bari.
Di cosa si è discusso a processo? Di tutta una serie di comportamenti, giudicati illegali. In particolare, di pedinamenti, minacce e morbosità assortite. Per esempio, l’imputato ha in più occasioni intimato alla compagna di non recarsi o intrattenere rapporti coi suoi parenti con frasi molto gravi quali: “Tua madre non deve prendere in braccio mio figlio (oggi, sei anni), tuo fratello diversamente abile non può stare con mio figlio. Non puoi andare sempre da tua madre”.
E ancora: continui controlli del telefono e offese anche a sfondo sessuale, coinvolgendo finanche il figlio: “Quando gli (le) tiri i capelli, uccidila”. Dopo la separazione di fatto tra i due – era il mese di febbraio 2019 – cominciarono a partire messaggi come questo: “Tua madre non è nessuno, non deve toccare il bambino… Tua madre è un’esaurita, il bambino non può vivere a casa sua”.
Il 30 marzo 2019 – si legge negli atti – “con un gesto repentino strappava dalle braccia della suocera suo figlio e inviava sull’utenza dell’ex compagna un messaggio del seguente tenore: sto aspettando tuo padre, a me piacciono i casini, io sono abituato a vivere nei casini, quando devi campare 50 anni e per 50 anni ti renderò la vita impossibile”.
Il 21 aprile 2019, per impedire che il bambino avesse contatti con la zia materna, l’uomo sferrò dei pugni contro la porta di casa dell’ex compagna urlando “tanto i tuoi zii li sto aspettando” e poi un messaggio all’ex compagna “quella (meretrice, ndr) di tua zia non si deve godere mio figlio”.
Il 25 aprile 2019, poi: ” Forse non hai capito che il bambino non lo devi lasciare a nessuno, non lo deve toccare nessuno”. Una situazione complicata, condita da tensioni e minacce, che si è spinta fino al 2020, fino a quando cioè non c’è stata una denuncia.
Una denuncia vagliata dalla Procura e poi anche dal Tribunale, evidentemente fondata e sostenuta dall’avvocato di parte civile Iaia. La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.