Persero i loro risparmi che ritenevano in qualche modo garantiti e, anzi, potenzialmente negli anni aumentabili. Almeno, così a suo tempo assicurò loro chi sulla carta ne sapeva o avrebbe dovuto saperne di più. Prescritto il reato di falso in prospetto e revocata la confisca di 221 milioni di euro disposte dai giudici di prime cure.
I risparmiatori furono però “traditi” dalla loro stessa banca e persero dall’oggi al domani i loro soldi a causa di un crac storico. Sia in primo grado che in appello è stato per tale ragione condannato l’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli: per lui tre anni di reclusione – in primo grado erano stati quattro – e la condanna al risarcimento delle numerose parti civili costituitesi a processo da tutt’Italia e anche dalla Puglia, comprese quelle rappresentate dagli avvocati Antonio Andrisano e Domenico Attanasi del Foro di Brindisi.
Simbolicamente, alcuni dei risparmiatori si sono presentati in aula – a Venezia – in un mutande, cioè nella condizione in cui a loro dire si sarebbero ritrovati a causa della presunta mala gestione bancaria, che – come emerso a processo – difettava di informazioni necessarie e puntuali sui rischi d’investimento a carico dei correntisti. Sono stati esposti anche cartelli di protesta contro le politiche adottate illo tempore dall’istituto di credito poi decotto.
“Esprimiamo soddisfazione – fanno sapere i due legali francavillesi – per il buon esito del giudizio d’appello ove la Corte di Venezia ha confermato la penale responsabilità dell’imputato e la condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili”.