«Se mi voti, ti faccio lavorare all’Ilva: cercano sei persone per un contratto da 25 anni, uno potrebbe essere tuo». Sarebbe questa una delle promesse elettorali che circolano per Francavilla in vista delle prossime elezioni amministrative. Al di là del contratto venticinquennale, al di là dei noti problemi dell’Ilva che non consentono – allo stato – al colosso siderurgico una programmazione così dilatata nel tempo né assunzioni dirette, al di là della veridicità o anche della semplice verosimiglianza della confidenza di un cittadino disoccupato, non è da escludere a priori l’effettiva inaugurazione di una fase tipicamente preelettorale: quella delle promesse, per l’appunto.
Promesse o dazioni di servizi, utilità, impieghi e in qualche caso finanche denaro che – rigorosamente sottobanco – caratterizzano e anzi infestano, pressoché da sempre, l’agone politico.
«Più stupido chi ancora ci crede», si potrebbe pensare. Giusto, ma quando la situazione è quella attuale, con giovani senza lavoro e famiglie sul lastrico, con difficoltà anche ad arrivare all’indomani, diventa piuttosto semplice da una parte – quella dei politici – fare leva sullo stato di bisogno, dall’altra – quella di chi è disperato – non precludersi alcuna chance, fosse anche quella di una flebile speranza per il futuro proprio e dei congiunti.
Ecco, quanto sia attendibile la notizia della promessa del posto sicuro, peraltro in un’azienda che di continuare a produrre come un tempo sicura non è più, e da quale parte politica sarebbe provenuta, qui in fondo non importa. Ciò che importa è che, specie in momenti come questo, i politici e la politica dovrebbero assumere un atteggiamento più responsabile. Lontano dalle promesse, per quanto mantenibili, lontano dalle prese in giro, ma con una maggiore attenzione verso le concrete esigenze collettive. Ché coi problemi reali della gente non si scherza. Con la credulità popolare neppure.
Eliseo Zanzarelli