Niente da fare. La proprietà del castello di Oria non ha intenzione di adeguarsi alle risultanze della conferenza di servizi finalizzata a consentire la realizzazione di un museo con annessi bar e ristorante.
Con una propria nota, l’amministratrice di Borgo Immobiliare Srl – Emanuela Romanin – ha fatto sapere come da quella conferenza dei servizi siano emerse problematiche circa la sostenibilità economica del progetto e troppi vincoli e limitazioni imposti “all’uso commerciale degli spazi, alla forma di gestione degli accessi che unitamente agli elevati costi di gestione e manutenzione mettono a rischio la fattibilità a lungo termine del modello di business proposto”.
E si parta, appunto, dalla proposta: che era quella di dar luogo a un contenitore culturale con, a traino, anche un bar e un ristorante fondamentalmente riservati ai fruitori del museo. Quanto invece emerso dalla conferenza di servizi sarebbe troppo poco per la proprietà, che si era riproposta di “valorizzare il patrimonio culturale locale attraverso un’ampia gamma di attività”.
Quali? È presto detto: “dalle semplici visite guidate ai tour immersivi; dalle gite scolastiche organizzate in sincronia con le altre risorse del territorio alla fruizione attraverso realtà virtuale e tecnologie digitali; dalle stagioni teatrali agli eventi dedicati e tanto altro, alternando fruizione statica e fruizione dinamica con installazioni multimediali, ologrammi interattivi e installazioni immersive, fino alla musealizzazione con l’esposizione di 792 reperti archeologici, 1.298 corniole, 5.000 monete antiche, mirando a trasformare Oria in un importante attrattore culturale”. Secondo la proprietà, “il progetto è stato supportato ed ha ricevuto il plauso della Soprintendenza”.

E se la Soprintendenza era d’accordo, con chi ce l’ha in particolare la proprietà? Il riferimento non è neppure tanto velato: con lo Sportello unico attività produttive (Suap) il cui responsabile è il dottor Glauco Caniglia. Il Suap avrebbe – sempre a dire della proprietà – imposto limitazioni all’uso degli spazi per eventi e attività commerciali accessori. E avrebbe imposto il divieto di eventi non culturali e limitato la superficie per la ristorazione e “più grave ancora, iter di autorizzazioni che sottendono forme di ‘sudditanza’ imposte dal Suap che hanno rappresentato un freno significativo alle potenziali entrate”.
“La conservazione del patrimonio storico e archeologico – sostiene ancora Emanuela Romanin – richiede standard elevati, con conseguenti costi di manutenzione, sicurezza e personale specializzato, significativi investimenti di marketing e adeguamento delle infrastrutture”.
Nonostante sembrasse, anche dalle comunicazioni istituzionali seguitene, che la conferenza di servizi fosse andata a buon fine, per Borgo Immobiliare Srl non sarebbe proprio così poiché: “Il verbale conclusivo ha anche e soprattutto posto un freno al dialogo aperto e costruttivo che sino a quel momento pareva essersi instaurato tra le parti”.
Qual è il principale motivo di doglianza da parte dei proprietari? Sempre lo stesso: lo sfruttamento economico del monumento simbolo di Oria, acquistato nel 2007 per circa otto milioni di euro. Su di una cosa Comune e proprietà sono d’accordo: “La riapertura del castello di Oria può rappresentare una opportunità unica”, dichiara Romanin. Sì, ma in quali termini? “Rafforzare l’identità locale attraverso le proprie tradizioni culturali e, al contempo, aprirsi a relazioni con altre realtà può rappresentare un’opportunità unica. Creare una rete di attività, associazioni, realtà commerciali e di servizi potrebbe fungere da infrastruttura per la crescita turistica e culturale del paese, generando un impatto economico condiviso e la volontà di superare gli ostacoli sarà possibile garantire un futuro sostenibile con il castello di Oria per il territorio”.
Intanto, sul caso si è espressa anche l’ex senatrice (Movimento 5 Stelle) Margherita Corrado (archeologa) che ha preso da tempo a cuore la questione: “Ma come si fa a pretendere di utilizzare a fini privati un monumento senza tenere conto della sua natura e della sua dignità? La società non ha acquistato un hangar per il suo business, evidentemente perché un castello garantisce visibilità e fascino attrattivo diversi da quelli di un capannone industriale. E ora piange per le ‘limitazioni’ ovvie, e doverose, che vengono poste alle sue mire. Vergognoso!”. Ciò ha scritto l’ex parlamentare sul suo profilo facebook.