Quel fucile non era in alcun modo riconducibile a lui, nonostante i suoi trascorsi criminali a causa dei quali si trova tuttora in carcere. Il 31enne C.V., nato a Novara ma di fatto residente a Oria, stavolta è stato assolto dall’accusa di aver detenuto un Beretta mono-canna calibro 20 senza matricola ma con annesse munizioni, di sicura provenienza delittuosa. L’arma fu trovata il 27 dicembre 2021 dai carabinieri in un appartamento delle palazzine popolari di Manduria (via per San Pietro in Bevagna) e fu ricondotta a V. per via della corrispondenza a lui indirizzata. Quell’appartamento, però, nel momento in cui irruppero gli investigatori era vuoto: cioè, non vi era nessuno all’interno e men che meno V.

C’era questo fucile, ma nessuna persona in casa né – a quanto pare – indumenti, oggetti o qualsiasi altra cosa riconducibile a qualcuno in particolare. I carabinieri ritennero comunque di arrestare l’allora 27enne perché in qualche modo aveva in passato occupato quell’appartamento, che fu ritenuto una sua dimora. Il diretto interessato negò sin dapprincipio qualsivoglia coinvolgimento in quella vicenda, ma finì ugualmente a processo. Un processo conclusosi nei giorni scorsi, quando l’avvocato di V. – Raffaele Pesce del Foro di Brindisi – ha incassato l’assoluzione con formula piena del suo assistito.
Nelle tesi difensive, il legale ha sostenuto che quelle palazzine sono soggette a occupazioni e intrusioni costanti e che sì, magari l’imputato era anche stato tra gli occupanti, per quanto abusivi, ma non nel periodo in cui quel fucile fu recuperato dal personale dell’Arma della Compagnia manduriana. E, difatti, a parte quella corrispondenza – neppure aperta dal destinatario – all’interno dell’immobile non fu repertata né prima né dopo il sequestro alcuna traccia circa l’effettiva presenza dell’imputato.
Nel periodo indicato dalle forze dell’ordine, insomma, il 31enne abitava da tutt’altra parte e non più in quelle palazzine. Quell’arma potenzialmente letale, insomma, non era mai stata nella sua disponibilità. Una tesi, quella dell’avvocato Pesce, con la quale hanno concordato nei giorni scorsi i giudici del Tribunale di Taranto Elvia Di Roma, Costanza Chiantini e Antonio Giannico.
Il pubblico ministero Remo Epifani aveva chiesto una condanna a a tre anni e mezzo di carcere. V. sta comunque scontando nel penitenziario di Turi circa cinque anni di reclusione dopo aver riportato condanne per un paio di rapine. La sua posizione sarebbe stata notevolmente appesantita nel caso avesse riportato una sentenza sfavorevole in relazione al possesso del fucile, della cui esistenza – stando a quanto emerso a processo – era del tutto ignaro.