Padre uccide figlio al culmine di un rapporto difficile, che necessita rispetto e umanità: una tragedia che coinvolge un po’ tutti

Il rispetto e la prudenza sono d’obbligo. Si è in presenza di una tragedia familiare ed è necessario muoversi con passo quasi felpato, perché nessuno può districarsi nelle pieghe di un rapporto domestico sicuramente difficile eppure tutto da decifrare.

Ciò che si sa è che il 45enne Stefano Argentina è morto a causa di fendenti da coltello infertigli dal padre Angelo, 71 anni, anche all’addome. Il tutto, al culmine dell’ennesima lite tra i due, stavolta degenerata. Le coltellate risalgono al pomeriggio dello scorso mercoledì 12 marzo, mentre Stefano è morto giovedì pomeriggio in ospedale a Brindisi dopo essere passato dal nosocomio di Francavilla Fontana.

E proprio tra le campagne di Francavilla Fontana, in contrada Cicoria, al confine con Villa Castelli, si è registrato il preludio della tragedia. Stefano, il figlio, aveva problemi con se stesso e forse anche con gli altri, familiari compresi. Suo padre era un po’ stanco di questi problemi, conosciuti sia dal Serd (prima era Sert) sia dai Servizi sociali. E, allora, ne sarebbe nato un diverbio, poi sarebbe spuntato un coltello e infine tutto è andato come non doveva andare. Come nessuno, proprio nessuno, voleva che andasse.

Stefano è morto, Angelo è in carcere. Una famiglia ne è uscita monca, distrutta. Nessuno – neppure i sanitari – all’inizio avevano pensato al peggio. E, invece, il peggio si è verificato. Papà Angelo è passato da feritore a omicida, perché suo figlio è morto. Se volesse ucciderlo? Non si scherzi su queste cose. Mai e poi mai avrebbe voluto ammazzarlo.

L’avvocato Massimo Romata penserà a difenderlo, ma Angelo è sicuramente un uomo distrutto da quello stesso impeto che purtroppo l’ha condotto ad accoltellare a morte suo figlio Stefano.

Stefano aveva i suoi problemi di dipendenza e i suoi scatti d’ira, però una cosa è certa: non meritava di morire, di essere ucciso. La famiglia Argentina era – il passato è d’obbligo, ora che di fatto si è sfaldata – una famiglia semplice, che viveva come poteva ed era comunque nota ai servizi sociali.

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Non è il caso di attribuire colpe né responsabilità. Le cose sono andate male e non si pensi che questo sia un lutto confinato in quella piccola eppure accogliente villetta rurale nelle campagne al confine tra Francavilla Fontana e Villa Castelli.

No, la morte di Stefano Argentina è un dramma sociale laddove ancora per sociale si riesca a intendere un’intera comunità e non solo poche persone alle prese con importanti problematiche quotidiane. Ciò non toglie che la violenza e i modi spicci mai e poi mai possono essere giustificabili e giustificati.

La pietas nei confronti di chi purtroppo non c’è più e la comprensione umana nei confronti di chi, potesse tornare indietro, non ferirebbe né ucciderebbe, quelle no, in una società civile non devono mancare. Mai.

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