Fece visita all’anziana zia, ma le sparirono dei soldi: 18enne assolto “perché il fatto non sussiste”

È stato assolto con formula piena “perché il fatto non sussiste” dal Tribunale per i Minorenni di Lecce un 18enne che era a suo tempo finito a processo per furto pluriaggravato in concorso ai danni della sua anziana zia. Quest’ultima, dopo aver ricevuto la visita del nipote e di un suo amico, si era accorta come dal cassetto in camera fossero spariti diversi soldi che teneva da parte per pagare bollette e altre spese domestiche.

I fatti oggetto d’indagine e poi di giudizio risalgono al 10 febbraio 2023. L’imputato di Manduria, che all’epoca di anni ne aveva 16, e un suo amico rimasto ignoto andarono a trovare la pensionata 82enne nella sua casa di Oria.

La donna li accolse a braccia aperte e offrì loro un bicchiere d’acqua ma mentre il nipote s’intrattenne con la zia in cucina, il suo accompagnatore cominciò a gironzolare per casa e ci mise un bel po’ prima di tornare dov’erano gli altri due. Il terzetto continuò, poi, a chiacchierare amabilmente del più e del meno fino a quando i ragazzi non decisero di congedarsi salutando calorosamente la proprietaria di casa, che li ringraziò per averle fatto compagnia e li invitò a tornare quando avessero voluto.

Il giorno dopo, nell’aprire un cassetto del comò in camera da letto per prendere dei contanti, l’anziana si accorse come non ci fossero più i 200 euro che – ne era sicura – aveva come sempre messo proprio in quel posto. Nacque in quell’esatto frangente il sospetto che il giorno prima potessero essersene impossessati il nipote e l’amico. L’82enne raccontò tutto a sua figlia e con lei andarono a sporgere denuncia ai carabinieri della Stazione di Oria.

Per i militari, partendo dal racconto della denunciante, fu facile ipotizzare la responsabilità del nipote e di quell’altro suo amico indicato dalla parte offesa come “tutto pittato”, nel senso che aveva diversi e vistosi tatuaggi sul corpo e in particolare nella zona del collo. Non si è mai riusciti a identificare l’amico tatuato, ma ovviamente il nipote sì. Questi fu rinviato a fu rinviato a giudizio, come richiesto dalla sostituta procuratrice Paola Guglielmi.

Il capo d’imputazione fu di furto in concorso aggravato dall’aver agito “con destrezza, profittando delle circostanze di tempo e di luogo, nonché della relazione di parentela con la vittima e dell’età della medesima”.

Il ragazzo nominò quale suo difensore di fiducia l’avvocato Alessandro Cavallo del Foro di Taranto, il quale ha sempre sostenuto la non colpevolezza del suo assistito e, alla fine, è anche riuscito a ottenere per lui un’assoluzione piena. Nel frattempo, però, era accaduto qualcosa di decisivo. La zia del 16enne ha sostenuto in aula di aver – dopo la denuncia – ritrovato i 200 euro e di essere andata in caserma per ritirare la querela.

Cosa che però non è risultata da alcuna parte: difficile, se non impossibile, che i militari non avessero preso formalmente atto di quella rinuncia di fatto inesistente. E dunque si è posto un problema di attendibilità, col rischio di dover chiedere alla Procura ordinaria un’indagine ad hoc su questo aspetto: falso in atto pubblico, omissione d’atti d’ufficio o altro?

Alla fine, ha prevalso il buonsenso e si è andati a sentenza senza ulteriori strascichi. Probabilmente, dopo l’iniziale e comprensibile stizza, è subentrata la volontà della zia di non danneggiare il nipote, che in caso di condanna avrebbe potuto rischiare da cinque a dieci anni di reclusione compromettendo – già da adolescente – la sua fedina penale. E invece ne è uscito immacolato già in udienza preliminare.

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