Quattro medici sono indagati a seguito della morte di una 56enne dopo aver subito, precedentemente, un intervento in una nota clinica di Brindisi: Salus. Si tratta di professionisti della sanità del Leccese e del Brindisino, che proprio in quanto iscritti nel registro degli indagati possono meglio difendersi dall’ipotesi di accusa di omicidio colposo e responsabilità o lesioni sanitarie.
Sono un 65enne di Lecce, un 63enne di Surbo (Lecce), un 56enne di Latiano e un 38enne di Brindisi.
La donna cui sopra, già residente a Martina Franca, è deceduta lo scorso 12 dicembre dopo che a metà novembre era stata sottoposta a un intervento di safenectomia, un intervento che – soprattutto in ambito sanitario – viene definito come di routine, nel senso che con le conoscenze e le tecniche odierne non comporta o non dovrebbe comportare particolari complicanze.
Da comprendere, invece, cosa e perché sia accaduto quel giorno nella clinica privata brindisina, da molti anni una tra le più quotate della provincia. Soprattutto da comprendere se quell’intervento abbia inciso, in qualche modo, sul successivo decesso. O se il decesso sia avvenuto per cause indipendenti da quell’intervento.
Intanto, a scanso di equivoci, la sostituta procuratrice Paola Palumbo – titolare del fascicolo d’indagine, a seguito della denuncia sporta dai familiari della 56enne rivoltisi alla polizia – ha disposto, nei giorni scorsi, che sul corpo della paziente fosse effettuata l’autopsia. L’accertamento tecnico irripetibile, già effettuato il 9 gennaio dal medico legale Liliana Innamorato, potrà contribuire a fugare qualche dubbio quando ne saranno depositate le risultanze, cioè entro 90 giorni.
Come in ogni caso di presunta malasanità – privata o pubblica che sia – è necessario anche per i magistrati inquirenti procedere con cautela e affidarsi a tecnici del settore che possano dire la propria su altri tecnici del settore finiti sotto procedimento. In genere, come peraltro rappresentato dai familiari della 56enne – assistiti dall’avvocato Gaetano Vitale, che ha citato quale ipotetico responsabile civile la clinica Salus – l’intervento per l’asportazione della vena safena costituirebbe un intervento ritenuto normalissimo e che in genere non comporterebbe particolari controindicazioni, figurarsi una morte improvvisa.
Sta di fatto che quattro medici sono finiti sotto procedimento – a loro stessa tutela e garanzia, insomma quale atto dovuto – per dimostrare di aver adottato ogni loro conoscenza scientifica e tecnica affinché l’intervento andasse a buon fine e la paziente non soltanto sopravvivesse, ma godesse in seguito di salute migliore rispetto a quando ha deciso di essere operata.
I quattro professionisti sono tutti difesi dall’avvocato Massimo Manfreda. L’esito dell’autopsia e i successivi accertamenti procedurali potranno dire se proprio quell’operazione chirurgica abbia compromesso per sempre e fatalmente il quadro clinico della paziente. Lo scopo dell’indagine, avviata dalla Procura di Brindisi, mira proprio a questo: fare chiarezza. Quella vita avrebbe potuto essere salvata oppure no? E se sì, quanto ha inciso l’intervento sulla safena? Per ora, soltanto domande. Per avere delle risposte, ci sarà ancora da attendere.
Si tratta di un 65enne di Lecce, un 63enne di Surbo, un 56enne di Latiano e un 38enne residente a Brindisi. Tutti e quattro i professionisti sono difesi dall’avvocato Massimo Manfreda. La donna, come detto, si era sottoposta a metà novembre all’intervento di asportazione della vena safena. Dopo l’operazione, tornata a casa, avrebbe accusato dei dolori. Poi, il tragico epilogo il 12 dicembre. Il 30 dicembre scorso la pm Palumbo ha ritenuto opportuno disporre l’autopsia sul corpo della donna. L’esame potrà contribuire a fare luce sulla vicenda.