di Eliseo Zanzarelli
Sono stati cinque su 14 i nuovi magistrati brindisini, freschi vincitori di concorso, che nella mattinata di ieri hanno giurato fedeltà alla Repubblica e al ruolo in Corte d’Appello a Lecce dinanzi alla presidente Annarita Pasca e al procuratore aggiunto – facente funzione di presidente – Guglielmo Cataldi. Al termine di un percorso di studio e di prove estenuanti, il quintetto brindisino sarà assegnato per un anno ai magistrati ordinari tirocinanti proprio presso la Corte d’Appello di Lecce, dopodiché sapranno di cosa occuparsi: giudicanti o requirenti? È ancora presto per dirlo.
Di sicuro, dopo aver aver superato prove molto difficili, possono dire di avercela fatta ad ascendere – trascorsi anni di studio e, in qualche caso, di carriera alle spalle – ai gradini più elevati della classe dirigente del Paese. Ma chi sono questi nuovi giudici togati brindisini? Eccoli: Giuseppe Caramia di Francavilla Fontana (già vice questore a Taranto), Laura De Stradis di Erchie, Martina Manfreda di Brindisi (ma residente a Lecce), Margherita Ricci di Mesagne, Ludovica Stefanelli di Brindisi.
Qualcuno tra loro vanta già esperienze lavorative in polizia (come Caramia, da dirigente) e qualcun altro come avvocato. Hanno tutti studiato Giurisprudenza e si sono poi cimentati con un concorsone al quale inizialmente si sono presentati in circa 10mila, poi man mano scesi per non perdere l’opportunità di riprovarci. C’è differenza, infatti, tra chi consegna le prove e chi no. Loro hanno consegnato gli elaborati sin dapprincipio e passo dopo passo sono giunti indenni alla meta, pian piano vedendo avverarsi un sogno che si faceva realtà.
Fare il magistrato o, meglio, essere magistrato è il sogno di quasi tutti gli studenti di Giurisprudenza, sia per l’importanza del ruolo da ricoprire, sia per le soddisfazioni economiche che esso può garantire. Inutile nascondere questo secondo aspetto, che comunque diventa secondario dinanzi agli ideali di giustizia.
Nessuno dei cinque brindisini rilascia dichiarazioni né lo fanno i loro familiari, a parte esprimere un generico e incontenibile orgoglio per questo primo obiettivo raggiunto dai loro figli o parenti. Qualcuno, che preferisce rimanere anonimo, la pone in questi termini:
“Sì, abbiamo studiato tanto e, a differenza di tanti altri che hanno gettato la spugna, noi non ci siamo tirati indietro e credo che solo chi abbia scommesso tanto su se stesso e non sulla fortuna, che per carità pure serve ma in questi casi neppure troppo, alla fine sia arrivato in fondo”.
Dichiarazione anonima, perché un magistrato segue determinate regole e quali siano quelle da seguire per i neo-immessi in uno dei massimi poteri dello Stato per loro non è ancora del tutto chiaro. Sono giovani e hanno tanta voglia di fare e fare bene. Conosceranno la professione strada facendo e di politica non vogliono neppure sentir parlare. Nessuna simpatia né occhi di riguardo se non per Costituzione e leggi dello Stato. La loro bussola è quella.
Sono consapevoli di avere ancora tanto da imparare, ma con umiltà – proprio come sono arrivati a questo punto dei loro sogni – col tempo avranno sicuramente anche tanto da insegnare.