Comunità in lutto: addio alla prof Zanzarelli, donna e docente esemplare sin dai suoi esordi a scuola. Ecco un ricordo di chi sia stata, fra i tantissimi

Era tanto tempo fa e a fare supplenza in una classe insolitamente turbolenta del liceo classico “Vincenzo Lilla” di Francavilla Fontana giunse una giovane professoressa d’Inglese che, in quanto supplente, all’inizio nessuno – o pochi – si filò. Erano anni in cui il Classico fu una scuola un po’ in fermento soprattutto per via di alcuni suoi “inquilini”, tra i quali diversi albergavano tra quegli stessi banchi.

Per inciso, come profitto gli scalmanati in questione – eppure attenti alle pagelle – erano complessivamente tra i migliori dell’istituto, sebbene a quell’epoca non mancò persino un’occupazione del Classico. Preside (si diceva ancora così) era il compianto Francesco Capobianco, che pur severo era costretto a usare bastone e carota altrimenti non se ne veniva a capo.

E, insomma, in quella classe (e nelle altre, più tranquille, dello stesso corso) giunse la prof Anna Zanzarelli.

Si accorse subito come l’ambiente in quell’aula fosse delicato, del tipo: “E mo’ questa che vuole?” mentre tutti si festeggiava per l’assenza del titolare di cattedra. Furono sufficienti due urla decise e un paio d’interrogazioni così, al primo giorno, per far tornare la calma. Che poi, lo sapeva bene anche lei, si sarebbe trattato più di una tregua di studio della persona più che di una redenzione immediata. S’informò e adottò una sua strategia per così dire diplomatica.

Nei giorni successivi, cominciò a fare lezione molto tranquillamente e a testare quanto quelle alunne e quegli alunni fossero preparati. Cambiò approccio e tono, forse qualcuno le aveva detto che in quella classe la severità non avrebbe pagato ma istigato. Tant’è che alla fine la spuntò lei. Incuriosì tutti con un insolito pragmatismo: “Allora, tu non sei interrogato/a. Io sto interrogando, se devi fare o copiare i compiti per la prossima ora io non ti dirò nulla ma almeno non dare fastidio. Quando spiego devi seguire perché la prossima volta interrogo pure te e se vuoi un voto buono con me, devi venire preparato/a”.

E quindi, alla fine, piacque eccome. Ottenne risultati, tradotti in voti meritati, che poi rimasero validi persino dopo quel suo periodo di supplenza, forse per lei la prima alle superiori. E mancarono i suoi modi, decisi ma principalmente garbati. E, sul finire di quell’esperienza, dolci. Perché a lei dispiacque doversene andare e ai discenti che se ne andasse.

Ecco, erano gli inizi di una docente che ha fatto parlare tanto bene di sé nel corso di una comunque lunga carriera però stroncata da un male che negli ultimi anni ha finito per sottrarre una risorsa umana prim’ancora che professionale al mondo della scuola e della società civile, per la quale mai ha mancato di spendersi persino nei momenti più bui.

Il Classico era ormai diventata da qualche anno la sua “casa”. La prof Anna Zanzarelli se n’è andata così – a soli 61 anni e con ancora tanto da insegnare – dopo aver lottato contro un qualcosa che poi finisce per averla (quasi) sempre vinta lui. Nulla, però, ne spazzerà via il ricordo delle persone che le hanno voluto bene: tantissime – più di quanto si possa immaginare – lungo il suo pur breve cammino terreno. Non giacerà di certo tra i ricordi ammuffiti degli almanacchi delle scuole nelle quali ha prestato servizio, ma di sicuro sarà viva nei ricordi di chi l’ha conosciuta. Sia anche solo da studentessa o studente.

Che ora quella terra possa esserle lieve e che il marito Alfonso e le figlie Sara e Ilaria, oltre al resto dei familiari ne siano per sempre fieri. Avendone tutte le ragioni.

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