Omicidio Stasi, la madre in aula: “Circolava droga in casa nostra, ma niente spaccio. E il debito contratto era al massimo di mille euro”

Ieri udienza chiave nel processo in Corte d’assise a Brindisi per l’omicidio di Paolo Stasi e il presunto giro di droga che ne sarebbe stato sullo sfondo. Sei ore circa durante le quali è stata fondamentalmente ascoltata la madre del 19enne, che in questo processo è sia parte civile sia imputata (per reati in materia di stupefacenti).

Annunziata “Nunzia” D’Errico, 54 anni, dinanzi al presidente Maurizio Saso ha confermato che lei e suo figlio facessero uso di sostanze ma anche che Paolo fu ucciso senza una ragione neppure lontanamente valida: il debito contratto non sarebbe ammontato a 5mila euro ma al massimo a mille euro. La donna – assistita in quanto parte civile dall’avvocato Domenico Attanasi e in quanto imputata dall’avvocato Francesco Monopoli – ha risposto a tutte le domande che le sono state poste sia dal sostituto procuratore Giuseppe De Nozza che dall’avvocato Maurizio Campanino, difensore di Cristian Candita, 23 anni, imputato per l’omicidio del giovane.

Per l’omicidio di Stasi è già stato condannato a 20 anni di reclusione – per omicidio premeditato in concorso – dal Tribunale dei Minori di Lecce il 19enne Luigi Borracino (minorenne all’epoca dei fatti).

Secondo l’accusa, quel 9 novembre 2022 – dopo le 17.30 – Borracino e Candita raggiunsero l’abitazione di Stasi in via Occhibianchi a Francavilla Fontana, a bordo di una Fiat Punto di colore scuro, per dargli una lezione. Borracino – reo confesso – avrebbe premuto per due volte il grilletto di una pistola dal piccolo calibro di cui i due si sarebbero poi disfatti tra le campagne della Città degli Imperiali.

D’Errico risponde dinanzi alla Corte d’Assise di detenzione ai fini di spaccio di marijuana e hashish, che avrebbe custodito e confezionato in casa sua insieme allo stesso Paolo. Una circostanza che D’Errico non ha smentito in aula ma che ha sicuramente ridimensionato: ogni tanto sarebbe capitato di farsi una “canna” ma non a tal punto da accumulare un debito così consistente con Borracino.

Neppure mille euro, secondo la sua versione. E comunque non una cifra che potesse giustificare l’assassinio del figlio. A parte fumare qualche spinello, D’Errico ha escluso che ci fosse un accordo tra lei e il figlio per la detenzione della droga nell’abitazione di via Occhibianchi.

“Noi non ci guadagnavamo niente dalla marijuana in casa, mio figlio era troppo buono e si faceva raggirare. Più volte avevo rimproverato Paolo per il fatto che si confezionasse droga in casa”, ha detto, tra le altre cose.

Ha poi escluso di conoscere e aver conosciuto in precedenza gli altri imputati a processo per reati in materia di droga (a parte Candita, che deve difendersi anche dall’accusa di omicidio premeditato in concorso). Ha detto di aver conosciuto soltanto Borracino, come amico di suo figlio. Ha anche escluso qualsivoglia coinvolgimento del marito Giuseppe Stasi, costituitosi parte civile (al pari della figlia Vanessa) con l’avvocato Attanasi.

“Lui (Giuseppe, ndr) di tutta questa vicenda non ne ha mai saputo nulla”. Non sapeva, insomma, a dire della donna, neppure che sua moglie e suo figlio ogni tanto consumassero stupefacenti. Ieri è stata ascoltata anche la psicologa e psicoterapeuta Isabella D’Attoma, la quale ha riferito di disturbi di salute che attanagliano da prima e ancor più dopo l’omicidio la madre di Paolo.

Se ne continuerà a dibattere, prossima udienza fissata per il 15 ottobre con l’esame degli imputati.

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