Di seguito una nota da parte del già senatore Euprepio Curto in merito alla vicenda San Raffaele:
Sollecitato da più parti, intervengo sulla vicenda “San Raffaele” esprimendo da subito perplessità per come essa viene quotidianamente trattata dalla Politica presente nelle Istituzioni.
Ad oggi si è in presenza di due diversi ed opposti orientamenti: il primo, fautore del trasferimento della gestione alla Asl, sulla scorta di una Legge regionale, pensata male e, finora, interpretata peggio.
Il secondo, a sostegno della disapplicazione della Legge regionale medesima, e quindi fautore del mantenimento dell’assetto privato.
Gli è che entrambi gli orientamenti sono giunti alle rispettive tesi, bypassando il momento dell’analisi. Che, in definitiva è la maniera peggiore per affrontare e, semmai, risolvere i problemi per alcuni specifici e non eludibili motivi.
Chi difende – così come difendo anch’io – l’assetto originario del San Raffaele, non può e non deve non chiedersi perché mai una struttura di autentica eccellenza nel panorama sanitario nazionale (e non solo!) sia divenuto, nel corso degli anni, “un problema” da risolvere; a chi ascrivere le relative responsabilità; quali siano stati gli ostacoli – molto frequentemente strumentali – con cui è stato lastricato il percorso del San Raffaele, assurto, in particolari momenti storici, ad autentica cartina di tornasole, del come, e del perché, il privato funzionasse molto meglio del pubblico! Meglio: del perché il privato funzionasse, e bene! E il servizio pubblico no!
Chi, invece, dopo avere sostenuto in Consiglio regionale l’inopportuna Legge, sostiene oggi la tesi della “gestione pubblica”, dovrebbe spiegare sulla base di quali presupposti ritiene che il pubblico sia in condizioni di offrire quelle garanzie di funzionamento del San Raffaele, che il privato, allo stato, non garantirebbe più!
Dovrebbe spiegare, quale dovrebbe (o potrebbe essere) il modello cui si conformerebbe la nuova gestione; quale sarebbe il futuro per il personale dipendente medico e paramedico: verrebbe confermato interamente, o solo in parte? Quale futuro sarebbe riservato a chi è in possesso di contratto a tempo indeterminato? Dovrebbe spiegare se il complessivo impianto tecnologico su cui poggia il San Raffaele sia al passo con i tempi, oppure abbisogni di innovazione. E, in tal caso, a quanto ammonterebbe il costo dell’adeguamento, e da quale fonte verrebbero assunte le risorse disponibili.
In estrema sintesi, ad una prima analisi, seppur sommaria, mi pare di poter ritenere che il rimedio della gestione pubblica del San Raffaele sia peggiore del male.
Che sia il Tar a decidere in tal senso è auspicabile. E, pur tuttavia, in attesa della decisione – che non sarà definitiva perché la parte soccombente sicuramente adirà il Consiglio di Stato – ci si mobiliti perché il San Raffaele non sia spogliato delle eccellenze umane e professionali di cui pur dispone.
Muoversi rapidissimamente in tal senso, sarebbe già qualcosa.