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In Libia per controllare i flussi migratori, trafficavano in sigarette di contrabbando: indagati quattro marinai italiani e uno libico

Tre ufficiali e un sottufficiale della Marina militare italiana e un ufficiale della guardia costiera libica sono indagati a vario titolo – i quattro italiani, con obbligo di dimora – per contrabbando di tabacchi lavorati esteri, imbarco arbitrario di merci di contrabbando (sulla nave militare Capri), corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e falso ideologico. Nei loro confronti, personale della guardia di finanza ha eseguito ieri (giovedì 27 giugno) un’ordinanza cautelare emessa dal gip del Tribunale di Brindisi. Per l’ufficiale libico è stata disposta la custodia in carcere. Gli ufficiali italiani sotto indagine sono due del Tarantino e uno del Brindisino, mentre il sottufficiale è residente nella provincia Bat.

I fatti loro addebitasti si sarebbero verificati nel corso della missione internazionale “Mare Sicuro”, effettuata da nave Capri nel porto di Tripoli (Libia) dal 14 dicembre 2017 fino al 28 marzo 2018 per controllare le migrazioni clandestine. I marinai italiani ricoprivano ruoli chiave come ufficiale in seconda, capo operazioni della nave Capri e ufficiale tecnico a capo del team preposto al ripristino dell’efficienza del naviglio ceduto dall’Italia alla Libia per il potenziamento del contrasto all’emigrazione clandestina verso il Belpaese.

Al rientro in Italia dal porto di Tripoli, la nave Capri giunse dapprima nel porto di Augusta ove permase dall’1 aprile 2018 sino al successivo 14 maggio, giorno in cui raggiunse la destinazione definitiva di Brindisi.

Dopodiché, proprio nel capoluogo adriatico, sarebbero stati sbarcati circa 300 chili di tabacchi lavorati esteri di contrabbando, destinati a essere venduti ad appartenenti alla Marina militare e a persone a essa estranee. La merce sarebbe stata procurata dall’ufficiale della guardia costiera libica.

Uno degli ufficiali italiani è gravemente indiziato di essersi procurato il denaro necessario a finanziare l’approvvigionamento del carico illecito a Tripoli con fatturazioni per operazioni in tutto o in parte inesistenti legate all’acquisto di beni e servizi per la gestione delle necessità della nave e del suo equipaggio, come il vitto a bordo.

Le società libiche fornitrici dei beni e servizi erano, comunque, riconducibili sostanzialmente all’ufficiale della guardia costiera libica che costituiva la controparte del P.N. nella genesi e nello sviluppo del patto corruttivo.

Le indagini hanno fatto emergere ulteriori condotte illecite commesse da un altro appartenente alla Marina, nonché da due altre persone, entrambe estranee al Corpo, familiari dell’ufficiale italiano di cui sopra, al quale i tre indagati a piede libero hanno prestato fattiva collaborazione in ordine al trasporto e alla custodia dei tabacchi di contrabbando.

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