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Matrimonio illustre a Oria: nessun provincialismo, non sono nozze qualsiasi. Sposi, famiglie, Comune e Chiesa discolpi. Si sia ospitali e basta

di Eliseo Zanzarelli

Domani (sabato 22 giugno) Alessandro Vespa e la sua compagna saranno uniti in matrimonio nella basilica cattedrale di Oria, luogo che li ha particolarmente affascinati. La cerimonia religiosa sarà celebrata, a partire dalle 17.30, dal vescovo Vincenzo Pisanello.

Alessandro è figlio di Bruno Vespa, quindi per lui è difficile sfuggire del tutto ai riflettori malgrado ogni sforzo profuso – negli anni – in questa direzione. Vespa senior è – piaccia o meno – una celebrità per via di un curriculum che risulterebbe alquanto stucchevole in questa sede persino riassumere.

Alessandro è avvocato d’affari in un noto studio della capitale e, come tanti alla sua età (40), intende unirsi finché morte non li separi – poi, come per chiunque, è tutto da vedere – con la donna della sua vita. Nulla o poco si sa circa sua e loro vite private.

La famiglia o, meglio, le famiglie dei nubendi niente hanno chiesto al Comune né in generale alle istituzioni. Il fatto che sarà il presule in persona a celebrare il sacramento non rappresenta di per sé un’eccezione: negli anni, monsignor Pisanello ha presieduto matrimoni anche di gran lunga meno celebri quando gli sia stato espressamente richiesto. Il vescovo è stato interessato, tempo fa, dagli stessi sposi e in quanto libero quel giorno e a quell’ora, ha dato la sua disponibilità. Non è escluso che possa esservi una donazione alla Chiesa, ma ciò rientra nelle facoltà anche danarose di chi fruisce dei luoghi di culto (donazioni, anche a tariffa predefinita, si fanno in occasione di battesimi, comunioni, funerali).

Vi saranno, per l’occasione, un servizio di sicurezza privato e un servizio di trasporto – altrettanto privato – per i circa 270 invitati. Inutile prendersi in giro: considerato che si tratta di gente perlopiù proveniente da fuori, non si è di fronte all’ordinarietà.

La società leccese di trasporti, incaricata di veicolare parte degli ospiti verso e dalla cattedrale, ha chiesto al Comune di poter disporre di una fruizione particolare del centro storico di Oria, che di per se stesso non si presta a grandi transiti e non vanta (ancora) parcheggi esterni e servizi navetta stabilmente in funzione.

Il Comune ha quindi predisposto un piano del traffico ad hoc – della durata di quattro ore, dalle 16 alle 20, ma saranno sicuramente meno – per evitare inconvenienti. Non vi è da stupirsi più di tanto: località limitrofe ormai più “abituate” a ospitare eventi di questa portata – si pensi a Fasano, Ostuni, ma anche la stessa Mesagne, solo per citarne alcune – hanno cominciato a questo modo a espandersi all’universo mondo, prima di definirsi a pieno titolo città turistiche, ossia capaci di accogliere (anche) gente da fuori.

Le stesse forze dell’ordine non saranno impegnate in servizi straordinari di presidio del territorio, eppure si sono organizzate con qualche pattuglia in più per via della possibilità – anch’essa tenuta nel più stretto riserbo – che in chiesa presenzino figure istituzionali.

Il Comune si è messo a disposizione anche pulendo a dovere il centro storico e, qualora richiesto, avrebbe fatto – legittimamente, giustamente – ancor di più.

Se, con tutto il rispetto possibile, si sposa il figlio dell’artigiano, dell’impiegato, dell’insegnante, del professionista di fianco casa, nessuno si sogna anche solo lontanamente di guastare la festa o architettare qualcosa di brutto ai danni dei futuri coniugi e dei loro cari. Ciò può al contrario accadere quando di mezzo vi sia gente in vista o rappresentante le istituzioni.

Per concludere: no, questo non sarà un matrimonio qualsiasi; no, Oria non è (ancora) una città né turistica né del tutto accogliente. A quest’ultimo proposito, alzino la mano quanti non cercano di rendere migliore casa propria sapendo che – magari a pranzo o a cena – avranno dei graditi ospiti. Chi alza la mano, mente sapendo di farlo.

Citando Paolo Sorrentino, hanno tutti ragione o, meglio, sono tutti discolpi. Non lo è affatto, in questo caso, chi si lamenta.

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