Dopo gli scontri post match, i Daspo e le citazioni dirette a giudizio, sette ultras (su otto) della Virtus Francavilla Calcio hanno chiesto al giudice – per il tramite dei loro legali – di essere messi alla prova. Le istanze sono state avanzate al giudice predibattimentale Ambrogio Colombo nel corso dell’udienza dell’altro ieri e il magistrato si è riservato di pronunciarsi al riguardo.
Se ne riparlerà all’udienza fissata per prossimo 14 novembre, quando si comprenderà anche se l’ottavo tifoso citato a giudizio dovrà affrontare il dibattimento (non avendo chiesto la messa alla prova). Gli ultras che hanno chiesto di essere messi alla prova sono difesi dagli avvocati Luca Mangia, Michele Fino, Domenico Attanasi e Vittorio Attanasi.
I fatti contestati risalgono al 5 febbraio dello scorso anno, quando in Serie C la Virtus Francavilla Calcio affrontò e sconfisse in casa (4-1) gli avversari campani del Giugliano. Le antipatie tra le frange più estreme delle tifoserie si manifestarono sia durante che dopo la partita. Al fischio finale, un gruppo di supporter provò a forzare il cordone di sicurezza delle forze dell’ordine per entrare a contatto con gli ospiti, ma i carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana riuscirono – non senza fatica – ad arginarne la foga, a fermarli e a identificarli. In seguito, l’allora questore di Brindisi Annino Gargano emise a loro carico 15 Daspo da uno a tre anni. Oltre ai divieti di avvicinamento alle manifestazioni sportive, erano scattate le denunce.
Per esempio, un 26enne e un 19enne sono accusati di aver usato e lanciato bastoni e altri oggetti contro chiunque si siano trovati a tiro. Sono chiamati a rispondere anche di concorso in resistenza a pubblico ufficiale per via del tentativo di forzare i presidi di sicurezza. Il 26enne si sarebbe presentato dinanzi al capitano Alessandro Genovese (persona offesa) con un tubo in acciaio tra le mani, rifiutandosi poi di fornire i documenti per l’identificazione; il 19enne avrebbe preso a calci e pugni gli scudi antisommossa dei militari. Un 47enne, un 46enne, un 45enne, un 42enne e un 29enne avrebbero fatto di tutto per sfuggire allidentificazione (volti travisati da sciarpe, cappucci, scaldacollo e quant’altro).
Se il giudice accettasse – per quanti l’hanno richiesta – la messa alla prova, il procedimento sarebbe sospeso e l’imputato sarebbe contestualmente sottoposto a un programma per svolgere, ad esempio, lavori socialmente utili e gratuiti per un determinato periodo di tempo. Qualunque illecito, anche al di fuori dell’ambito sportivo, comporterebbe il mancato superamento della prova e, anzi, un aggravamento della posizione processuale. Resterebbero comunque in piedi i Daspo, per cui l’impossibilità di accedere o anche solo avvicinarsi allo stadio o a qualsiasi luogo in cui si svolgono manifestazioni sportive.
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