Nel corso della discussione dell’altro ieri dinanzi al gup, sono stati chiesti 21 anni di carcere per Salvatore Carluccio. Il 25enne di Torre Santa Susanna risponde in abbreviato dell’omicidio del 31enne Luca D’Errico, anch’egli di Torre.
Il colpo alla nuca
Quest’ultimo fu raggiunto alla nuca da un proiettile partito dalla pistola Glock 9×21 di Caluccio – reo confesso – nella notte tra domenica 12 e lunedì 13 febbraio dello scorso anno. Intorno alle tre del mattino, i due si trovavano con altre persone in via Dei Mille, a Torre, quando dalla porta-finestra di un’abitazione partì uno sparo. D’Errico fu soccorso e condotto d’urgenza in ospedale a Brindisi, disperate le sue condizioni. Sarebbe spirato nel reparto di Rianimazione dopo ben 38 ore di agonia, i danni riportati erano stati troppo gravi per essere ancora tenuto in vita. Dopo la dichiarazione di morte cerebrale, la sua famiglia decise di donare i suoi organi affinché potessero essere impiegati per salvare altre vite anche perché, in qualche modo, il giovane avesse continuato a vivere grazie a essi.
Le indagini
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo della Compagnia di Francavilla Fontana e dai colleghi della Stazione di Torre Santa Susanna, coordinati dalla Procura della Repubblica di Brindisi (sostituta Paola Palumbo) con l’interessamento iniziale della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, si concentrarono sia sull’ascolto dei testimoni, sia sui filmati delle numerose telecamere presenti nell’area in cui il delitto era stato commesso. Gli investigatori giunsero a identificare il presunto tentato omicida – presunto omicida volontario al momento della morte di D’Errico – nel breve volgere di poche ore. Oltre che l’aver ammazzato il 31enne, all’allora 24enne fu contestata la ricettazione dell’arma da fuoco (risultata rubata).
Reo confesso, temette per la propria vita
Carluccio, difeso dall’avvocato Roberto Cavalera, finì per confessare di aver sparato dicendo di aver temuto volessero ucciderlo dato che – disse – a Torre erano in tanti a volerlo morto. Sostenne, insomma, di aver agito per una sorta di legittima difesa dopo aver visto arrivare dal suo impianto di videosorveglianza, collegato al televisore, un gruppo di persone con felpe e cappucci calati sul capo. Di qui l’ipotesi, tutta sua, che quella gente si trovasse lì per farlo fuori.
Gli amici della vittima
Quella notte con D’Errico c’erano altri tre suoi amici, che lo accompagnarono in ospedale. Sta di fatto che il 25enne è finito a processo per omicidio aggravato, porto e possesso illegale della pistola (che pare si fosse procacciato a Milano) e ricettazione della stessa ( risultata oggetto di furto) e spari in luogo pubblico.
Repliche ed eventuale sentenza il prossimo 10 maggio
La pm Palumbo, a margine della sua requisitoria dinanzi alla gup Barbara Nestore, ha chiesto ieri per l’imputato la condanna a 21 anni di reclusione. Le parti civili, ossia i familiari di D’Errico, sono costituite con gli avvocati Michele Iaia del Foro di Bari e Raffaele Benfatto del Foro di Lecce. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 10 maggio per le repliche e l’eventuale sentenza.
Eliseo Zanzarelli per Nuovo Quotidiano di Puglia