Convinto di potersele un giorno godere nel periodo dell’anno da lui scelto o disporne – sempre in quel periodo – come meglio avrebbe creduto, comprò due unità immobiliari a Campomarino di Maruggio. Stipulò i compromessi con una società del settore nel 2010 e l’anno dopo con la promessa che tutto sarebbe stato pronto a fine estate 2011.
Solo che poi quelle unità immobiliari non videro mai la luce e neppure oggi ve n’è traccia. La società venditrice, per scusarsi, mise a sua disposizione per un certo periodo – un triennio – altri immobili, che però non erano quelli prospettati all’acquirente.
Quest’ultimo, va da sé, aveva già versato delle somme a titolo di caparra e – stufo di continuare ad aspettare – nel 2021 si è rivolto all’avvocato Elena Schiavone del Foro di Lecce (dello studio legale dell’avvocato Adolfo Sartorio) per instaurare un contenzioso e ottenere quantomeno la restituzione dei soldi già sborsati (oltre al riconoscimento del danno da lucro cessante e a titolo di risarcimento).
La società convenuta si è ovviamente opposta chiedendo che le somme incassate fossero imputate al pagamento dei servizi alternativi, di cui l’attore e i suoi ospiti godettero dal 2011 al 2013. Di più: con domanda riconvenzionale ha anche chiesto di dichiarare risolti i contratti per inadempimento della controparte e quindi di trattenere le somme a titolo di risarcimento del danno.
Il giudice Roberto Munno della seconda sezione civile del Tribunale di Taranto ha, nei giorni scorsi, rigettato in toto la domanda riconvenzionale e accolto in buona parte le richieste della parte attrice. La società promittente venditrice dovrà quindi restituire al promittente acquirente 33.628,80 euro oltre interessi maturati in tutto questo lasso temporale. Inoltre, dovrà accollarsi due terzi delle spese e competenze di lite. D’altra parte, quelle multiproprietà sono esistite soltanto nei progetti presentati a suo tempo ai compratori. Nella realtà, nulla di nulla.
