La giudice: non fu stalking, prosciolto ex marito. Non vi era ragionevole probabilità di condanna

Non si trattò di atti persecutori o stalking che dir si voglia. L’ha deciso giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi Vilma Gilli, la quale ha sentenziato non doversi procedere nei confronti di un 49enne ercolano accusato di aver importunato l’ex moglie francavillese, oltre a non aver assolto gli obblighi di assistenza familiare.

Il suo avvocato di fiducia, Michele Iaia del Foro di Bari, ha sostenuto sin da subito come – sulla base del compendio probatorio – non sussistesse una ragionevole probabilità di condanna del suo assistito all’esito della fase dibattimentale. Un requisito procedurale introdotto dalla riforma della giustizia introdotta con la legge Cartabia e che consente di valutare agli albori del processo la colpevolezza dell’imputato.

L’avvocato Michele Iaia

L’uomo era finito sotto indagine dopo essere stato denunciato dall’ex moglie, con cui era in fase di separazione, non avendo accettato la fine della relazione sentimentale. La donna, in particolare, raccontò ai carabinieri quanto accaduto tra le 16.59 e le 21.15 dell’11 giugno dello scorso anno, quando lei e il suo nuovo compagno furono tempestati da tutta una serie di messaggi inviati da un falso profilo social – ritenuto riconducibile al 49enne di Francavilla Fontana – e tesi a convincere la donna a tornare indietro nella sua decisione di separarsi ufficialmente.

Messaggi del tipo: “Ueeee so (…). Ma fa viteri li piccinni. Ci no non ti dau chiui soldi”; “Cuddu prisu ca tieni ancocchi. Ca non ci fatia. Non lavora. Campa co i soldi miei”; “Comunque sto bene come sto mi divertendo ugualmente e faccio ciò che voglio e mi ritiro quando voglio”; “Che se ti do 450 euro. Perché. Vabbè cmq devo vedere i miei figli”; “Vabbè che pure che sta il pagliaccio non mi prendo paura di lui. Avete una bambina e non vivete insieme”; “Tanto ti lascerai e tornerai con me. Con me devi stare. E tornerai con me”.

E ancora: “Sei più bella ora che quando ti ho conosciuta. Ero scemo. Peccato. Non sbaglierei più”; Ti voglio bene anche se ci siamo separati, ti starò sempre vicino”; “A te piace (…) ti trovi bene. Mi sembra nu piccinnu. Non mi sembra un uomo. Poi perché hai fatto subito una figlia, neanche lo conoscevi bene”.
L’ha pure invitata a contattarlo sul suo nuovo numero di telefono, e poi: “Che fai questa sera? E vabbè. Sto venendo a mangiare a casa questa sera. Che hai comprato al supermercato?”; “Tu sei una porca grossa”. Infine, sempre su facebook, il contatto al nuovo compagno della donna: “Ueee pizzarro (…) suntu, io sta tornu a casa mea cu (nome della moglie). Tu pigghiati la vagnona piccinna (figlia dell’ex moglie e del suo nuovo compagno) e vabbanni. Fuori ti li cugghiuni”.

Secondo investigatori e Procura, comunicazioni in grado di cagionare nella donna “un perdurante stato di ansia e di paura ed un fondato timore per la propria incolumità fisica e delle persone a lei vicine”.
Ne seguì la richiesta di rinvio a giudizio e, nei giorni scorsi, si è celebrata l’udienza preliminare. La giudice ha evidentemente ritenuto di accogliere per il capo d’imputazione relativo agli atti persecutori le tesi difensive sostenute dall’avvocato Iaia e ha prosciolto il 49enne “perché il fatto non sussiste”. La motivazione della decisione sarà depositata entro 30 giorni. Si procede invece per gli altri reati relativi alla violazione degli obblighi di assistenza familiare, ma quello è un capito a parte: l’accusa più grave è caduta.

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