Omicidio Paolo Stasi, il presunto assassino esce allo scoperto e confessa: “Sono stato io, ma non volevo uccidere. Nessuna premeditazione”

Il presunto omicida di Paolo Stasi ha confessato. Interrogato in carcere oggi pomeriggio alla presenza del suo avvocato Maurizio Campanino, Luigi Borracino – minorenne all’epoca dei fatti ma maggiorenne qualche giorno dopo – si è assunto le proprie responsabilità ma ha escluso di aver avuto intenzione di uccidere e di aver premeditato l’assassinio. Il 19enne Stasi, si ricorderà, fu ucciso lo scorso 9 novembre prima delle 18 proprio sulla porta di casa sua in via Occhibianchi a Francavilla Fontana. Borracino si trova in carcere dallo scorso 22 maggio, così come il presunto complice, ossia il 21enne Christian Candita. I due sono indagati per omicidio in concorso aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi.

Una premeditazione che nella sua versione dei fatti Borracino ha inteso escludere e, anzi, ha escluso proprio l’intenzione di uccidere. Finora sia il 18enne che il 21enne si erano sempre avvalsi della facoltà di non rispondere, mentre questo pomeriggio il primo ha scelto la via della confessione: tra le altre cose, ha indicato anche un revolver di piccolo calibro – mai ritrovato – come l’arma del delitto.

Che fine fece quella pistola? Sempre a dire di Borracino, finì in un cassonetto della spazzatura disperso nelle campagne di Francavilla Fontana. Il contesto ricostruito dai carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana e del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Brindisi sarebbe stato quello giusto: questioni legate alla droga.

Quanto al movente, pare che Stasi avesse dei piccoli debiti relativi agli stupefacenti che – sempre stando alle indagini – erano confezionati in casa Stasi. Sembra che Paolo avesse “sgarrato” nel minacciare di raccontare del giro ai carabinieri, qualcosa che a Borracino non sarebbe proprio andato a genio. Di qui l’intenzione in qualche modo di punirlo soltanto puntandogli contro un’arma.

Poi però nella concitazione del momento sarebbero partiti due colpi a caso, senza mira né volontà omicida (sempre secondo la tesi di Borracino). Dopo il fattaccio, ci fu infine la fuga a bordo dell’auto con alla guida Candita, parcheggiata lì vicino.

Il quadro in questi termini cambierebbe un po’ la prospettiva: non premeditazione ma reazione dettata da paura per quella presunta “minaccia” da parte di Paolo di spifferare tutto alle forze dell’ordine. Si apre ora anche un nuovo scenario processuale con l’ipotesi di un giudizio abbreviato. Se gli inquirenti daranno peso alla confessione di Borracino, ritorna in ballo anche la posizione di Candita.

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