Si può declinare la complessità del mondo attuale, di tutto quanto attiene alla tutela dei diritti umani e alla gestione delle emergenze umanitarie, in un linguaggio e in concetti comprensibili ad alunni appena dodicenni? Sì. Senza alcun dubbio. Quando ad accoglierne le domande con un sorriso ma con serietà e attenzione, quando a scioglierne dubbi, a rispondere con autenticità, responsabilità e aderenza alla realtà, è, prima ancora che una figura istituzionale impegnata in prima linea in contesti internazionali, una persona come Andrea Pontiroli.
Consulente senior nell’Ufficio del Presidente dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite quale funzionario dell’Unione Europea, Andrea Pontiroli ha coordinato un team di lavoro per le migrazioni, i rifugiati, le questioni umanitarie.
Prima di ricoprire tale ruolo, per l’organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere si è occupato della gestione di problemi politici complessi e questioni umanitarie nei contesti postbellici, impegnato nelle istituzioni dell’Unione Europea e nel Comitato Internazionale della Croce Rossa e di Medici Senza Frontiere.
Attualmente risiede e svolge il suo lavoro nello Stato di Israele dal quale ha tenuto, in modalità online, l’incontro che nella giornata di ieri mattina, 27 aprile, ha coinvolto le classi seconde della scuola secondaria “Virgilio”.
La modalità virtuale non ha tolto però nulla alla capacità di Pontiroli di entrare in relazione con i ragazzi, di trovare nello spazio di un incontro di poco più di un’ora la chiave di accesso per conquistarne l’interesse e l’attenzione, per infondere in loro fiducia nelle istituzioni nonostante le immagini di un mondo disuguale e iniquo che quotidianamente abitano i nostri occhi e la nostra mente: quelle istituzioni tengono vivo il dialogo tra i Paesi anche nelle situazioni di conflitto, affinché questi possano trovare strumenti e modalità di risoluzione dei contrasti, di cooperazione, e per poter intervenire in favore delle popolazioni nelle controversie internazionali.
Colpisce, e si vuole qui riportare un passaggio su tutti del suo intervento, che, sentendosi chiedere se mai e quando si fosse sentito importante per qualcuno, abbia risposto che no, non gli è ancora capitato… che intervenire nei contesti postbellici è come mettere un cerotto su una ferita, si può portare cura e sollievo, ma con la consapevolezza che non si può risolvere ciò che quella ferita ha determinato… e che dai luoghi di guerra si continua a fuggire per anni. Le ferite non si rimarginano.
È proprio questo il senso di questo incontro, sappiamo di essere cellule in movimento con una limitata capacità di incidere sulla realtà che ci circonda, ma la direzione è un po’ più chiara.
E per i ragazzi incontrarlo è stato importante.