Non c’è parità di condizioni punitive, rieducative e carcerarie tra un Paese e l’altro. Così, la Corte di Cassazione ha detto “no” all’estradizione di S.B., cittadino albanese, catturato a Brindisi in esecuzione di un mandato di un mandato di arresto europeo. Il suo legale, Raffaele Missere del Foro di Brindisi, ha percorso tutti e tre i gradi della giustizia prima d’incassare ciò che si attendeva, ossia la permanenza in Italia e in osservanza delle normative italiane – meno rigide – del suo assistito, precedentemente condannato in Grecia dove lo spaccio di stupefacenti può essere punito addirittura con l’ergastolo. Una tesi, quella del legale, condivisa dalla VI Sezione penale della Suprema Corte italiana, che ha sconfessato la richiesta della Procura greca del Distretto di Kalamata.
Gli “ermellini” italiani hanno annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che, in buona sostanza, aveva dato il via libera all’estradizione del cittadino del Paese delle Aquile. Un’estradizione che in ogni caso non sarebbe stata possibile mentre era pendente un ricorso in ultimo grado e cioè proprio a Palazzo dei Marescialli a Roma, sede della Cassazione. I giudici di ultime cure – come si suole dire – hanno concordato sul fatto che le condizioni carcerarie greche siano peggiori rispetto ai parametri umanitari e rieducativi stabiliti dalle convenzioni internazionali, parametri posti a tutela degli stessi detenuti in forza di diritti civili che dovrebbero essere garantiti a ciascuno, compreso a chi si trovi in regime di restrizione della libertà personale.
Di qui la decisione della massima Autorità giudiziaria nazionale di trasmettere gli atti del procedimento a un’altra sezione della Corte d’Appello affinché siano rivalutati a dovere per questioni attinenti al merito. La Corte di Cassasione, si sa, non può entrare nel merito dei fatti ma attenersi a questioni di legittimità della procedura e d’interpretazione delle normative. Il monito, quindi, appare chiaro: quella sentenza è da rivedere entro il perimetro fissato dai giudici cassazionisti, che per l’appunto hanno cassato con rinvio il provvedimento emesso dalla Corte d’Appello leccese.
Il cittadino albanese S.B., identificato a Brindisi e risultato destinatario di mandato d’arresto europeo, era stato condannato in Grecia per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”. Per la normativa ellenica, a prescindere da quantitativi e tipologia della droga, questo reato è ritenuto molto grave e difatti è sanzionato nientemeno che con l’ergastolo. In Italia esistono, invece, delle differenziazioni.
Insomma, non vi è reciprocità di giudizio e trattamento rispetto all’altra sponda mediterranea del Mar Ionio e dunque – secondo i principi cardine italiani – al reo va garantito il miglior trattamento possibile sulla base delle leggi in vigore nel Paese in cui sia avvenuta la sua cattura. Sentenza da rivedere e aggiornare.